Si alzò con calma, non aveva fretta né voleva svegliare anzitempo i bambini.
Spinse la coperta che chiudeva l’ingresso della tenda e alzò gli occhi al cielo: un’altra giornata di bianco lattiginoso, l’aria ferma, un silenzio opprimente.
Quattordici anni appena compiuti e un unico scopo: sopravvivere.
Guardò i fagotti stesi sul pavimento: quattro bambini sconosciuti che aveva trovato per strada; l’avevano implorato di portarli via dalla città abbandonata e adesso erano la sua famiglia.
Venus e Alba, quasi ragazzine, che portavano in spalla i piccoli quando erano troppo sfiniti per camminare: Jem, gli occhi scavati il corpo scosso da tremori, si spegneva giorno dopo giorno e il piccolo Adam, che ancora sapeva sorridere.
Le scorte di acqua erano quasi finite, oggi avrebbero raggiunto il crinale delle colline, scavato nel fondo delle crepe e, forse, sarebbero sopravvissuti, almeno un po’.
«Max, dove sei?»
«Adam, cerca di dormire! È presto per mettersi in cammino!»
«Ho paura, vieni da me, raccontami ancora la storia del nonno»
Già, la “storia del Nonno”: era passata di bocca in bocca da generazioni e nessuno sapeva più chi fosse il Nonno. Max l’aveva sentita da suo padre, che a sua volta l’aveva sentita da uno zio, e lui chissà da chi…
Si accoccolò vicino al bambino e sussurrò:
«C’era una volta una grande casa piena di bambini e animali in libertà. La chiamavano fattoria, era circondata da campi e alberi carichi di frutti. In lontananza si sentiva il rumore del fiume carico d’acqua che correva verso valle …»
Il respiro di Adam si fece regolare, bastava poco per sognare.
«Max ti prego continua!» Anche Venus e Alba si erano svegliate.
«… Si susseguivano le stagioni, il sole, poi la pioggia e la neve: faceva un gran freddo, la terra restava sotto una coltre bianca a riposare, pronta a rinascere a primavera…»
Jem emise un lamento, bruciava di febbre e non trovava riposo.
«… e quando il cielo si faceva scuro e tuoni e lampi di luce spaventavano il cuore dei bambini, dal cielo cadevano secchiate di pioggia, lo chiamavano temporale…»
«Max, hai mai visto un…?»
La parola rimase sospesa, in lontananza un brontolio sconosciuto, un vento forte.
Si alzò di corsa e uscì dalla tenda: il cielo era scuro, pareva correre verso le colline: dovevano essere così le nuvole cariche di pioggia!
Max non aveva mai visto un temporale, né la pioggia, né prati né alberi, ma seppe che erano salvi.
di Alessandra Stifani, foto di Alessandro Boscarini
Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)
- Mio nonno
- La gara
- Il marionettista ovvero il Tredicesimo arcano circense
- Una tranquilla domenica di guerra
- Viola
- Il cavallino rampante
- Italia Germania 4-3
- Sansone & Dalila
- Il maestro del tè
- Lungo il fiume
- Flock
- I ragazzi down e il significato dell’arte
- 11 maggio 1999
- Al Sass de Stria
- Pasqua 1985
- Regalo di Natale
- I luoghi mai raggiunti da mio padre
- Luce ferma
- L’attore
- Un angelo caduto
- La scarpa
- Luna bianca (Mwezi)
- La vecchia tigre
- Ero lì
- La palla ovale
- Neve di febbraio
- Milano Marittima, 1959
- E la neve scendeva fitta
- Hanno ucciso l’uomo ragno
- Seconda stella a destra
- Il mio ragazzo di colore verde
- La prima cena
- Appuntamento con la felicità (ovvero i colori dell’amore)
- I muscoli del Capitano, parte seconda
- La prima stella
- Nuvole, 2050
- Nikolajevka (26 gennaio 1943)
- Un mondo senza colori
- Infinite strade
- Green card
- Finestre chiuse
- Nuvola Rossa
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