La ricerca dell’equilibrio
Cerchiamo equilibrio e armonia, il modo migliore per raccontare la nostra storia, ciò che è a noi più consono, più appropriato alla vicenda che vogliamo raccontare, più vicino alla nostra idea di scrittura.
Un consiglio. In un discorso diretto, specie se è lungo, cioè se il personaggio si sta esprimendo in modo prolisso, interrompetelo con qualche osservazione esterna, su di lui, su chi lo sta ascoltando, sull’ambiente. Un esempio:
“Sapete che vi dico?”, fece Giovanni, e prese il libro di consigli per una buona scrittura che stava sul tavolo.
“Mi avete rotto le scatole con tutte queste manfrine. Com’è possibile sostenere baggianate del genere?” e a un certo punto i suoi occhi si fecero di fuoco, e con forza ruppe il libro in due, e continuò: “Che volete da me, che io vi dica grazie?”.
In quell’istante si udì un tuono che fece tremare la casa, un quadro si staccò dalla parete, cadde a terra e il vetro andò in frantumi, ma Giovanni non ci fece caso.
“Sì, signori miei, me ne faccio un baffo di questi consigli del cavolo”.
Quello che vi dico io, e non Giovanni, che queste davvero sono manfrine. Ascoltate me, chi volete, leggete e confrontate, ma la soluzione sarete voi a trovarla. E non può essere altrimenti, ve lo garantisco.
Un suggerimento? Certo, quello di seguire attentamente i dialoghi nei film. Ce ne sono di meravigliosi. Selezionate, ascoltateli più volte. Scartate subito quelli che contengono volgarità e parolacce. Non perché siano un divieto per voi, se la vostra storia richiede volgarità e parolacce le userete, ci mancherebbe, ma è sempre meglio partire dall’alto e trasformare il linguaggio di tutti i giorni in qualcosa di originale.
Mi prendo una pausa, per dire ciò che di sicuro ho già detto, e magari più volte. Non ditemi che a volte sono pedante, perché credo di esserlo sempre (tranne quando, spero, scrivo le mie pagine). Leggo poesie, saggistica, narrativa, leggo i giornali, le riviste, eccetera, e tutto è finalizzato alla pagina che presto scriverò. Vado in giro, vivo la vita di tutti, ma in modo differente perché io sono un osservatore. Cerco stimoli, con una particolare attenzione, e concentrazione, su quella che è ancora una pagina bianca e che attende solo di ricevere tutto me stesso. Un quadro, una scultura, un edificio sono un impulso alla mia fantasia. Tutta l’arte lo è.
E il cinema, per quanto riguarda i dialoghi, ancora di più. Un film nasce dalla scrittura del soggetto e poi da quella della sceneggiatura. In un film seguo la trama, lo sviluppo della storia, i personaggi, ma sono affascinato dai dialoghi, quando sono scritti bene. Mi servono per la mia pagina che attende. Se in un romanzo i dialoghi potrebbero essere una scelta, nel senso che è possibile scrivere duecento pagine senza un discorso diretto, nel film spesso occupano gran parte della sceneggiatura. Per assurdo ci sono film che potremmo “vedere” alla radio, come quelli di Woodie Allen.
continua il 9 marzo
Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.
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