AURORA

AURORA

Di Andrea Bardelli

L’acqua bolliva sul fornello, le uova strapazzate sfrigolavano sulla padella, e per la casa si spandeva un odore agrodolce. Nella stanza accanto Joseph dormiva ancora, e dalla cucina Anna poteva sentire il suo respiro regolare, come di chi dorme un sonno senza sogni.

Sorrise tra sé, pensando a tutte le volte che il figlio si era svegliato di soprassalto in preda all’angoscia; con passi misurati si avvicinò alla porta e lo chiamò con un sussurro di voce. Le dispiaceva svegliarlo, ma era giorno di scuola.

Dopo aver fatto colazione, uscirono insieme per prendere il solito autobus che li avrebbe portati in piazza Khaimson dove si trovava la scuola. La luce dei lampioni illuminava ancora la strada.

L’autobus arrivò puntuale e loro presero posto uno accanto all’altro, di fianco all’autista. Lei aprì il giornale che aveva appena comprato all’edicola lì vicino e si immerse nella lettura, mentre suo figlio teneva la testa piegata sul cellulare. Nell’articolo in prima pagina un esperto di intelligence elencava alcuni elementi che lasciavano presagire una ripresa dei lanci di missili dalla striscia di Gaza verso Askelon. Alzò la testa dal giornale e fissò per un attimo Joseph, e un brivido freddo le corse lungo la schiena. Quella guerra le pareva sempre piu’ assurda e il suo lavoro era lì a provarlo, perché lei, maestra elementare, sperimentava ogni giorno la possibile convivenza tra bambini ebrei e palestinesi.

Chiuse il giornale e guardò le villette con piscina che componevano l’insediamento israeliano appena costruito nel territorio occupato. La giornata si preannunciava calda per essere nel mese di novembre e nulla lasciava intuire una ripresa del conflitto.

Arrivati alla fermata, scesero dal bus, e dopo un bacio veloce – Joseph non amava che lei facesse effusioni in pubblico – si separarono, ognuno diretto alla propria scuola.

Guardò l’orologio e si accorse che era in ritardo. Affrettò il passo e non si avvide di una buca nel terreno, che era ricoperta dalle foglie cadute dagli alberi. Il piede destro sprofondò nella piccola voragine, e la caviglia si girò in modo innaturale. Avvertì subito un dolore lancinante e cadde a terra. Si prese la caviglia tra le mani, e restò immobile ad occhi chiusi, mentre due lacrime le rigavano il volto. Quando alzò lo sguardo, la prima cosa che vide furono due occhi neri che la fissavano incorniciati da una Kefiah. Era sul punto di cacciare un urlo di terrore quando l’uomo le sorrise e allungò una mano nella sua direzione, e lei per la prima volta non ebbe paura. Il sole stava sorgendo all’orizzonte.

Andrea Bardelli, di origini lombardo-venete, è nato a Varese, e risiede ad Albizzate. Ama i cantautori degli anni Sessanta, leggere e camminare. Ultimamente ha scritto “Il pianto del capitano”, poesie di colore nerazzurro, con prefazione di Gianfelice Facchetti.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI DI GUERRA E PACE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)


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