E I “DIRITTI SENZA PACE”
di Davide Maria De Filippi
Per andare alla radice dell’attuale situazione di urgenza e di fatica nella realizzazione della pace in Ucraina dovremmo partire dall’analizzare il complesso rapporto tra guerra e pacifismo.
Pacifismo e pacificazione sono le due facce di un’unica medaglia il cui fulcro centrale è, da sempre, la storia dell’idea che la “guerra giusta” non esista.
Oggi la “pace spezzata” non è il vero problema dell’Unione Europea perché il suo vero problema è la “pace impossibile”.
Per poter ambire ad una “pace per tutti” urgerebbe l’instaurazione di un “nuovo umanesimo” basato proprio sui concetti di pace e di giustizia.
La vera “patologia” della contemporaneità, oggi, infatti, è l’evoluzione etica delle istituzioni politiche e del loro patrimonio valoriale, come la vera “sfida politica” è tradurre l’assioma che segue la linea che parte dal Kant, del “Progetto per una pace perpetua”, e passa per il Kelsen, de “Il problema della sovranità”.
Il processo di democratizzazione del sistema internazionale, tappa fondamentale per il raggiungimento della “pace perpetua”, non può discostarsi dalla “cura” di questa “patologia” in una dimensione sovranazionale.
La guerra in Ucraina ha bisogno “dell’astratto” perché essa stessa, almeno nella modernità, scaturisce “dall’astratto” poiché altro non è che una “rivolta” compiuta contro “l’immanente”, contro uno “stato di cose” ed un “determinato” stato dei fatti.
Le organizzazioni delle Nazioni Unite si sono poste, a salvaguardia dello “jus gentium” proprio per evitare che la guerra diventasse una aggressione immotivata che calpestasse il diritto internazionale che, nella contemporaneità, ha sostituito il cosiddetto “vincolo religioso”.
Effettuare una riflessione sul senso della pace necessita inevitabilmente farne anche una sul concetto di “spiritualità di guerra” interrogandosi sul senso ultimo di cosa, realmente, rappresentino la spiritualità e la pace.
La pace, quindi, come “il risultato” della priorità delle esigenze spirituali su quelle materiali e sulle disuguaglianze sociali, vere “radici” dei conflitti moderni.
Effettuare una riflessione sul “senso” della pace e della spiritualità non può, pertanto, che partire proprio dal concetto di “vivere in uno spirito di cooperazione e di servizio”, condotta che, da sola, potrà cambiare le coscienze e riuscire a trasformare il mondo intorno a noi.
Compiere un atto gentile e disinteressato ha sempre un impatto enorme, anche se semplice, perché il potere accumulato da questi “gesti invisibili di servizio” potrebbe definire l’intera vita di una persona, lasciando “le cose” in una condizione migliore di quella di partenza.
I due polmoni d’Europa, Mosca e Roma, hanno avuto, negli anni scorsi, davanti a loro l’occasione di ricomporre la secolare frattura fra occidente ed oriente cristiano, nonostante i peculiari caratteri dell’identità e della geopolitica ortodossa.
L’ennesima occasione, ad oggi, purtroppo, mancata con una faglia che si allarga sempre di più giorno dopo giorno, esplosione dopo esplosione, vittima dopo vittima. La realtà, purtroppo, è sempre quella e continuerà ad esserla anche dopo che il “teatrino del bene” avrà chiuso il sipario. Perché la società alla fine è solo un gioco le cui regole sono scritte nel codice morale anche se nella vita forse ci dovrebbero essere delle cose più importanti degli “sfregi”. Ci dovrebbe essere, per esempio, il pensiero con la p maiuscola, quello “della teoria e della giustizia”. Quello di una Ucraina pacificata, ricostruita e “migliore” di quella di prima.
Davide Maria De Filippi è nato a Marsala l’8 settembre 1983. Nel 2006 consegue il titolo di dottore in Relazioni e politiche internazionali alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Palermo. Appassionato d’inchieste giornalistiche, ha vinto premi in vari concorsi.
Selezione di articoli da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, GIORNALISMO ( Sezione dedicata a Pierfausto Vedani)
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