di Maurizio Marchesi
Dicembre 2019: cominciavano ad affacciarsi le prime bugie e le prime verità. Vaghe notizie con aura di mistero e pronunciate a mezza voce, si infiltravano piano nei nostri cervelli, ancora con la sicumera che si stesse parlando di “altri”.
Poi, improvvisamente, con un crescendo degno delle scene culminanti dei grandi film d’azione, ci siamo ritrovati, attoniti, con un Presidente, che alle 23 passate di una qualunque sera di imminente primavera, ci informava che le nostre certezze di una vita, le nostre libertà più naturali e semplici – camminare, mangiare, respirare – erano sospese! Terminate! Finite! Con un colpo di teatro da film di quart’ordine, il mondo come lo conoscevamo, finì: una pandemia generata da un virus, naturale, costruito, fuggito, lasciato fuggire, si stava abbattendo sul mondo!
Prima di tutto questo, eravamo brutti e cattivi. Divisi, opportunisti, ladri e cantastorie. L’occasione, seppur spiacevole, di redimerci era lì, a portata di mano. Nemmeno per idea! I ladri hanno continuato a rubare; i cantastorie hanno continuato ad abbellire le loro storie e i brutti e cattivi sono aumentati a dismisura. Anche dove c’era una parvenza di costruttivo e solido, ci siamo dovuti accorgere, che molto della nostra vita era una recita ben congegnata; che in realtà non c’erano amici; non c’erano ultime speranze a cui aggrapparsi; non c’erano supereroi, che negli ultimi trenta secondi, avrebbero salvato la terra. Eravamo soli.
E dopo milioni di vittime – sia ahimè reali – sia superstiti con la vita o la coscienza spezzate per sempre, dopo tre anni bui – da far invidia al medioevo – ci siamo guardati e ritrovati ancora più soli e senza certezze. Piano piano abbiamo riacquisito o ci siamo ripresi, le nostre libertà. Abbiamo ristabilito, a fatica, un equilibrio precario, almeno quanto prima del disastro. Ora, tutto è tornato normale o abbiamo deciso che doveva tornare normale. Senza colpi di scena a notte inoltrata. In sordina, quasi a sussumere che forse, forse… forse! Adesso magicamente, è tutto a posto. Tutto un ricordo, che non è nemmeno sfociato in pettegoli racconti da bar e cortili di chiacchere.
Quasi a voler dimenticare non solo i drammi, ma anche quanto siamo stati pavidi, vili, deboli. Un po’ tutti noi, anche i migliori – e ce ne sono stati – ma che in qualche ora di quella eternità hanno sentito un piccolo germoglio sfiorire, in fondo all’anima.
Tra poco sarà di nuovo primavera, come “quella” primavera. Pensavamo che “dopo”, tutto sarebbe stato più bello; un nuovo rinascimento. Forse abbiamo perso un’occasione. Speriamo non ce ne siano altre.
Maurizio Marchesi. Ragioniere, marito e padre. Semplice appassionato, scrive da oltre cinquant’anni per sublimare emozioni, entusiasmi e dolori, trasferendoli sulla carta per renderli così, eterni. Ha collezionato diversi premi in concorsi letterari ma non ha mai pubblicato.
Selezione di articoli da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, GIORNALISMO ( Sezione dedicata a Pierfausto Vedani)
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