di Angela Borghi
Parte 11 — 02 Dicembre 2022
CARTE IN TAVOLA *
Suona strano ma il momento più importante di un mistero è quando si dissolve. Gli eventi che parevano inspiegabili giungono alla necessaria spiegazione. All’oscurità segue la luce e l’intelligenza vince sulla confusione del mondo. La scoperta del colpevole e la sua cattura sono le classiche conclusioni. Però ci sono altre soluzioni perché a volte, come si è detto a proposito della trama, conosciamo già l’assassino e quello che conta è che si risolva l’enigma, che si comprenda il meccanismo del delitto. Oppure che giunga al successo la caccia intrapresa da chi investiga.
In genere al lettore non piace un assassino che se la cava, salvo casi particolari, piuttosto è disposto a vederlo morire alla fine della storia. Arrivare alla soluzione finale non è semplice: il percorso deve essere accidentato e graduale. Ad esempio una confessione inconsulta per un pentimento del colpevole è da escludere. Si deve mantenere l’effetto sorpresa ma senza esagerare con i colpi di scena fini a se stessi, e con casualità inverosimili.
I modi sono vari. Sempre divertenti e utili all’autore le scene madri in cui l’investigatore raduna tutti i sospetti (ricordate le molte volte di Hercule Poirot?) e racconta, anche al lettore, come è giunto alla scoperta dell’assassino. Sono state molto sfruttate anche da altri nel giallo classico. Un esempio: P.D.James in Copritele il volto: Di comune accordo decisero che la riunione avrebbe avuto luogo nello studio. Qualcuno aveva disposto le sedie a semicerchio intorno alla scrivania e qualcuno aveva anche riempito d’acqua una caraffa e l’aveva posta alla destra di Dalgliesh. Dalgliesh sedeva solo alla scrivania e Martin sedeva alle sue spalle. Man mano che entravano nello studio, scrutò a uno a uno gli indiziati.
In un finale d’azione invece l’autore, per far vivere in diretta la soluzione al lettore, lo porta con sé in un luogo dove si svolgerà l’atto finale, a volte critico e avventuroso o pericoloso, come in La sostanza del male di Luca D’Andrea: Lasciai andare il ramo proprio mentre il fango ci investiva. Il Bletterbach era trasfigurato in un’apocalisse di acqua, melma e detriti.
In qualche storia non proprio tutto viene concluso, qualcosa rimane in sospeso, per suggerire un seguito o rimandare la caccia allo stesso colpevole lungo una serie. Molto difficile da fare con efficacia e quindi sconsigliabile.
Dall’esperienza di lettore trovo coinvolgente terminare il romanzo con un ultimo capitolo dopo la spiegazione finale, una specie di piccola epicrisi, a volte in un tempo successivo, in cui si dà un ultimo saluto ai protagonisti e si viene informati su quale sarà il loro futuro o come ritornano alla vita quotidiana dopo la crisi che hanno vissuto.
* Agatha Christie 1936
Angela Borghi, medico, ha lavorato in ospedale e ora si dedica alle sue passioni, soprattutto scrivere. Ha partecipato ad antologie di racconti e pubblicato quattro romanzi gialli: Delitto al Sacro monte, I misteri del convento di Casbeno, Che domenica bestiale e La ragazza con il vestito azzurro.
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