Bruno era un bruco. Dopo un’operazione coi bisturi diventò Lucrezia. Uscita dal bozzolo, si vestì da farfalla e andò a posarsi tutte le sere sulla panchina che guardava villa Selznick. Da una finestra del secondo piano della villa uscivano le nuvole.
Ma un giorno il maggiordomo chiuse le imposte, fermò l’orologio disegnato sulla facciata e spense il lucernario dell’ingresso. Il signor Selznick da mesi andava rinsecchendosi e quella sera diventò definitivamente un’edera rampicante posta sulla parete nord.
Che si era ora condannati al cielo terso?
Lucrezia volle domandarlo e suonò coraggiosa il campanello.
Le fu aperta la porta d’ingresso ma nessuno la accolse. Ispezionò la casa e il giardino circostante. Incontrò due anziani signori dalla forma di grossi bignè. Un cordiale dialogo svelò la causa della loro impazienza: l’oro. Lo cercavano così da averne abbastanza per forgiare un bambino da vendere al mondo. Col ricavato si garantivano una tomba, una volta defunti e sepolti, dello stesso luccicante materiale!
“E tu, bambina, cosa vai cercando?”. “Le nuvole miei gentili signori”.
Lucrezia si era giusto imbattuta nei sarti cucitori che le indicarono dove trovare gli scarti: “Da quella parte, vai, là si conservano tutte quelle non spedite in cielo”.
Nel vecchio capannone Lucrezia attraversò parecchie nuvole e all’uscita, oltre al piacere, trovò attaccati alla suola delle scarpe i disegni di quella massa di vapore acqueo condensato.
Al maggiordomo che bagnava l’edera chiese informazioni a riguardo e lui, con garbo, le diede le chiavi di una stanza al pianterreno dove la ragazza scoprì l’esistenza di una stampante a forma cubica da cui, se azionata, uscivano proprio i disegni che i due bignè poi cucivano.
Rimase delusa Lucrezia: si aspettava la fantasia ad animare meraviglie, non la corrente elettrica! Eppure volle conoscere gli interni di quel marchingegno.
Chiese il come a due astronomi studiosi dei raggi della bicicletta. Ma essi si mostrarono interessati solo al disegno che formavano, se uniti, i nei comparsi sul suo braccio destro: Cassiopea!
Tuttavia furono ben disposti nel recapitarle l’indirizzo di un matematico indiano che una volta esaminato il “cubo artista” disse: “Geniale! Costruito in modo tale che se smontato non può essere rimontato. Dunque: vuoi altri disegni di nuvole o scoprire come vengono creati?”.
Lucrezia nervosa iniziò a scarabocchiare su un foglio. Un orango tango, amico del matematico, le sorrise, le prese il foglio, lo appoggiò al vetro della finestra e con una mano mimò la caduta della neve.
di Paolo Negri, fotografia di Tiziana Titì Barbaro (Instagram: titi_fotoamando)
Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)
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- Il marionettista ovvero il Tredicesimo arcano circense
- Una tranquilla domenica di guerra
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- Il cavallino rampante
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