di Carlo Battaglini
Prima dell’alba il cielo si capovolse; poche stelle vi palpitavano, liberate di tanto in tanto da nuvole invisibili. Il soldato Rudy le guardò attraverso la pioggia di polvere, e le vide lontane, sconosciute. Non aveva mai guardato davvero il cielo, non aveva mai avuto bisogno di sperare in qualcosa. E ora aveva fallito: per la prima volta non si era accorto di una mina, forse perché pensava a lei.
Lei.
Lei era salva; per la prima volta Rudy si era ribellato al comandante Rugoj che voleva mandarla a esplorare il campo minato sulla strada del plotone sovietico diretto verso l’Hindu Kush Afgano, dove stavano le statue del Buddha di Bamiyan.
“Sono la nostra storia…” aveva detto Rugoj parlandone.
La nostra storia.
No. La storia di Rudy era l’essere stanco di quel cerchio vizioso di guerra eterna che lo riportava sempre sopra un campo minato, sempre più stanco, più vecchio, più ignaro del futuro, almeno fino a quando lei gli aveva rivelato di avere in grembo i suoi figli. Il suo futuro. Il loro segreto.
Rugoj guardò Rudy rantolare. Non sapeva se fosse più scosso dalla sua morte o dalla sua prima disubbidienza. Era come se Rudy avesse avuto una premonizione e si fosse sacrificato per Laika. Ma perché? Rugoj li aveva addestrati a non provare emozioni, né soprattutto sentimenti. E ora scopriva che nessuno, neanche lui, l’inflessibile capitano Rugoj, ne era immune. Ripensò a Rudy quando era un cucciolo, e a quando divenne il migliore del gruppo cinofilo di sminamento. Tornò a guardare la piantagione di morte che andava illuminandosi, e la vide sfocata. Ebbe un attimo di distrazione, e Laika ne approfittò per sfuggirgli, per correre verso Rudy. E Rugoj capì. E non fece nulla se non rivolgere gli occhi al cielo, dove le stelle avevano lasciato il posto a scie rosse, come se anche il sole fosse perito di morte violenta.
Sul campo minato, ormai vicina a Rudy, Laika venne presa dal panico: anche la distanza più breve è un viaggio se ogni millimetro corrisponde a un respiro. Lanciò un ululato disperato, di terrore indomabile. La paura di perdere i figli vinceva sul desiderio di toccarne il padre.
“Non piangere amore mio,” mugolò Rudy. Non voleva andarsene con quel guaito nelle orecchie.
Non piangere.
Aveva bisogno del silenzio, per sperare: i suoi figli avrebbero dovuto guardare le stelle, sapere che possono caderti addosso come fiocchi di neve, una dopo l’altra, insieme ai ricordi e alle speranze.
Non dovevano morire come lui. Non avrebbero mai dovuto vedere il cielo capovolgersi.
Carlo Battaglini nasce a Milano il 23 maggio 1960. Si laurea in geologia nel 1985. Lavora in tutta Italia, ma perde la vista nel 2017. Scrive da sempre. Finalista in vari Premi Letterari, ne vince tre. Ha pubblicato racconti, articoli e un romanzo.
Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI DI GUERRA E PACE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)
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