di Nicoletta Manetti
Non riusciva a dormire: un po’perché pensava che il babbo doveva ripartire il giorno dopo per il fronte, la sua licenza era già alla fine. Ma soprattutto non riusciva a dormire per la fame.
Avevano passato quel pomeriggio giù nel rifugio per l’allarme aereo, e a cena, dopo, da mangiare c’era solo una patata a testa. Ora il suo stomaco reclamava e si era alzata al buio per cercare qualcosa nella madia. Il corridoio era gelido, dalle imposte si insinuavano gli spifferi della guerra in inverno, taglienti da togliere il fiato.
Dalla soglia della cucina in penombra per il coprifuoco, intravide le due ombre abbracciate: la mamma, piccola e coi capelli scomposti, il babbo scalzo e le maniche della camicia arrotolate, con quel freddo. Senza musica, si bisbigliavano all’orecchio una canzone e ballavano.
Lei rimase immobile, zitta, non l’avevano vista e si nascose dietro la porta trattenendo il respiro. Il cuore le batteva all’impazzata, lei aveva fame, batteva i denti, e loro ballavano.
Sopra la credenza lì nell’ingresso vide la macchina fotografica di suo padre, grossa, col fodero di pelle marrone. La prese, l’aprì, ci guardò dentro, lui le aveva spiegato un giorno come funzionava, lei non l’aveva mai fatto, ma provò, li vide ondeggiare dentro l’obiettivo e scattò. Non si aspettava neppure lei quel lampo di luce azzurra che li fece voltare di scatto. Corse via, abbandonando la macchina fotografica sulla credenza. Si infilò di furia sotto la coperta, a pancia vuota. E loro di sicuro continuavano a ballare. Non capiva proprio cosa avessero da ballare. Le facevano rabbia, lei era sola, e aveva fame.
Un anno dopo, la mamma con una lettera in mano, seduta al tavolo di marmo di quella stessa cucina, terrea sotto la luce della lampada al neon, lo sguardo perso nel vuoto, le disse che il babbo non sarebbe più tornato.
Sono passati tanti anni. E ancora oggi, lei e sua madre, sono sedute in quella cucina. Ѐ domenica, la badante è libera, e per passare un po’ di tempo, ha tirato giù dall’armadio la scatola delle fotografie.
Si rigira tra le mani quella foto in bianco e nero, i bordi smerlati, le due facce sorprese dal flash. La passa a sua madre, che la prende con le mani che tremano, guarda a lungo, alza uno sguardo senza espressione: “Bei giovani, ballano. Li conosci?” chiede.
“Sì, li conosco bene. Sono bellissimi.”
Solo ora capisce quel loro ballare senza musica, nella penombra della cucina, a piedi scalzi, durante il coprifuoco.
Nicoletta Manetti, fiorentina, avvocato, si dedica da tempo alla scrittura, ottenendo diversi riconoscimenti. Recentemente ha pubblicato, per Ed. Pontecorboli, “Anja e Dostoevskij a Firenze”, “D. H. Lawrence e Frieda a Firenze” e “Gertrude Stein e Alice B.Toklas a Firenze”.
Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI DI GUERRA E DI PACE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)
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