di Kenji Albani
1996
“Allah o’akbar”.
“Allah o’akbar”.
“Allah o’akbar”.
Fu tutto un ripetersi di quelle sante parole. Jamal ci credeva. O quasi…
Corse al MiG, indossò il casco con la maschera per l’ossigeno, saltò dentro l’abitacolo. Furono i serventi di terra a chiudere il cupolino, il meccanismo automatico non funzionava più. Da quando il regime di Najibullah era finito, dalla Russia non arrivavano più pezzi di ricambio. E figurarsi: i russi dovevano pensare alla Cecenia, non a sostenere il regime talebano in Afghanistan.
Jamal decollò. Lui era il Solitario, l’ultimo pilota militare del paese.
Si sollevò di decine di metri fino a centinaia di metri sopra le montagne tanto da perforare le nuvole. Lasciò Kabul e si diresse verso Mazar – i – Sharif.
Ci arrivò in dieci minuti, trovò tutto molto noioso, si era augurato un po’ di difficoltà, ma purtroppo lui era l’ultimo pilota in Afghanistan. Almeno militare. Neppure l’Alleanza del Nord disponeva di apparecchi d’attacco, figurarsi da ricognizione o da trasporto.
Jamal incominciò il bombardamento della città ribelle. Vide più in basso dei fiori di fuoco diventare pennacchi di fumo, si divertì a pensare quanto fosse divertente bombardare e uccidere i nemici dell’Islam.
Anche se poi, negli ultimi tempi, un tarlo gli rodeva la mente. Non aveva apprezzato che la sorella del suo migliore amico, Nadia, fosse stata lapidata a morte nello stadio di Kabul. Lui aveva assistito alla scena: durante una partita di calcio i giocatori in tute a maniche e pantaloni lunghi e le barbe incolte che si erano ritirati negli spogliatoi per dissetarsi visto il caldo, allora erano arrivati degli uomini che avevano scavato una buca per poi infilarci una donna in burqa. Avevano richiuso la buca lasciandola scoperta dalla vita in su, intrappolata. Davanti alla condannata si erano parati dei talebani, sei in tutto, e come un plotone d’esecuzione avevano preso le pietre caricate su un pick-up entrato in campo.
Un mullah aveva detto al megafono: Nadia Nizamuddin ha commesso adulterio. Ecco la sua punizione!
Non è vero, mi sono solo tolta il burqa nel cortile di casa…
Non aveva potuto concludere che la prima pietra l’aveva colpita. Era stato il mullah a lanciarla.
Il plotone d’esecuzione aveva iniziato a scagliare i sassi contro la poveretta.
A Jamal era venuto da vomitare. Le voleva bene, era una brava ragazza.
Adesso che stava bombardando Mazar – i – Sharif, prese la sua decisione perché quella era una storia vera che non gli dava pace. “Meglio fuggire in Uzbekistan”.
Capì che i talebani non si sarebbero mai più serviti del Solitario.
Kenji Albani è nato a Varese il 13 novembre 1990 (il suo nome è giapponese, ma lui è italiano). Nella vita fa l’articolista, pubblica con Delos Digital ed è arrivato in finale alla 6a edizione del Premio Altieri Segretissimo.
Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI DI GUERRA E DI PACE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)
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