Il giorno in cui la musica morì

Il giorno in cui la musica morì


Il 3 febbraio del 1959 è conosciuto come “The day the music died”, il giorno in cui la musica morì. Tre grandi interpreti del Rock’n’roll, Buddy Holly, Ritchie Valens e Big Bopper, persero la vita in un incidente aereo durante una tournée che li vedeva protagonisti. L’evento è ricordato dai fan di tutto il mondo, e nel web si trovano numerosi articoli. Nel sessantaseiesimo ho pensato di dedicare un tributo speciale con un racconto di fantasia. 


Lo zio che raccontava leggende

Quel giorno io non ero ancora nato, e quel giorno me lo raccontò lo zio Stefano, che se ne andava in giro con un cappello da cow-boy in testa, la giacca a frange tipo Buffalo Bill, il bolotai con l’unghia dell’orso che brillava fra i colletti della camicia, il cinturone con le ali di un’aquila sulla placca dorata. Vestiva proprio come un cow-boy. Gli mancava solo il cavallo. E scherzavo con lui, e quando avevo quindici anni gli dicevo Zio, ti manca solo il cavallo. 

Zio Stefano aveva una particolarità che poche persone al mondo hanno, non sapevo mai se nel parlare era serio o scherzava. Poi nel tempo capii una cosa, che se tutti gli uomini la praticassero il mondo sarebbe migliore, ed è quella di ridere di sé stessi, in ogni occasione, bella o brutta, più efficace in quelle in cui tutto ti è contro. Grazie zio!

Veniamo al dunque, diceva sempre, e tirava fuori quelle storie nelle quali lui era presente, testimone di vicende che appartenevano alla storia. Per farvi partecipi dell’incanto fantastico in cui viveva la mia coscienza, vi dico di quando mi raccontò di quel suo amico americano nella guerra di Corea, e il racconto era tanto coinvolgente da crederlo presente ai combattimenti. Usava la prima persona nella narrazione, il cosiddetto io narrante, e ci cascavo ogni volta. 

Ma zio, a quel coreano davvero staccasti la testa con un pugno?

E volò sul tetto del capanno, mi rispose.

A fare bene i conti a quei tempi lo zio poteva avere sette o otto anni. Non m’importava.


2 febbraio 1959

Ritchie Valens non aveva ancora compiuto diciott’anni e già aveva composto sette canzoni, brillante innovatore di leggende musicali del Sud America. Una stella nascente che brillò con la luce di una meteora.

Big Bopper faceva il dj e aveva lanciato la memorabile Chantilly Lace, che molti interpretarono e, come spesso capita, nessuno meglio dell’autore.

E infine Buddy Holly, ventidue anni e precursore nell’evoluzione del Rock’n’roll, e così la prima canzone registrata anni dopo dai Beatles fu una sua cover.

Zio Stefano sedeva su uno sgabello, il busto inclinato in avanti, e con un gesto della mano scostò il cappello da cow-boy in su, perché le parole non fossero trattenute ma volassero libere. 

Da dieci giorni giravamo per il Midwest onorando il Winter Dance Party Tour.

Dal Minnesota all’Wisconsin, e ci attendevano lo Iowa e poi Illinois, Kentucky e Ohio. Innumerevoli concerti in tre settimane, dal 23 gennaio al 15 febbraio, da tenersi in ventiquattro città, e si aggiunse questa del 2 febbraio al Surf Ballroom di Clear Lake, che non era in programma. Il pullman in quel gelido inverno trasportava una parte della storia del Rock’n’Roll. E non era all’altezza, il pullman, un rottame della guerra con il sistema di riscaldamento che non funzionava.

E Buddy Holly intonò:

Bene, quello sarà il giorno in cui dirai addio
Sì, quello sarà il giorno in cui mi farai piangere
Dici che te ne andrai, sai che è una bugia
Perché sarà il giorno in cui morirò
 

– Buddy, non ne hai una un po’ più allegra?

E così attaccò Ritchie:

Per ballare la Bamba,
è necessaria un po’ di grazia.
Una poca de gracia para mi para ti.
Sempre più in alto
Per te lo farò.
Yo no soy marinero, soy capitan.

Il pullman era un frigorifero viaggiante, teneva pesci al fresco, e i pesci eravamo noi.

Big Bopper tossì, da quattro giorni buttava giù aspirine e dormiva nei trasferimenti. Sì destò e sotto l’influenza della Bamba chiese:

Por favor, la mia chitarra, e con la mano a forma di cornetta del telefono:

Ciao, piccola.Sì, questo è il Big Bopper che ti parla

e prese a suonare e cantare,
Chantilly Lace aveva un bel visoE una coda di cavallo appesa giùE intanto che zio Stefano raccontava, colsi nostalgia nella voce e nello sguardo. Me le aveva già narrate quelle confidenze su meravigliose ragazze che ai suoi tempi giravano con camicette legate alla vita, gonne a campana e strepitose code di cavallo. 

Non era una moda, mi diceva, era un simbolo. Non mi sarei mai innamorato di una ragazza che non avesse la coda di cavallo. 

Un sussulto nella sua camminata e una risatina nel suo parlareFa girare il mondoEd è proprio così, si entusiasmava zio Stefano, quelle ragazze muovevano il bacino e le gonne formavano cerchi nell’aria, che dalla strada salivano lassù. 

Non c’è niente al mondo come una ragazza dagli occhi grandi
Per rendermi divertente, farmi spendere i miei soldiFarmi sentire davvero libero come un lungo collo d’oca

É così, nipote, diceva lo zio rimarcando con il dito indice il gesto di prima, su e giù. Divertiti, spendi i tuoi soldi, e allunga il collo per sapere come stanno le cose

E il dito indice adesso lo alzava sopra la testa e faceva roteare il braccio. 

Fare il mondo andare ‘round, ‘round, ‘round.L’energia è circolare, sentenziò, e lasciò un lungo silenzio prima di riprendere il racconto.

Giungemmo al Surf Ballroom e Buddy scherzava con una pistola e diceva io fino a Fargo ci vado in aereo. Non voglio crepare su quella carretta ambulante. E aveva già parlato con quelli dell’aeroporto vicino. C’era un charter da turismo a disposizione, un giovane pilota e tre posti per passeggeri.

Il Destino è imprevedibile. Si manifesta di continuo e nessuno lo riconosce, tranne quando si è ormai svelato nei fatti, allora tutti a sbattere la testa e dire era destino. Quello che successe quella sera è una delle sue esibizioni più clamorose. E adesso te la racconto.

La sala era gremita in ogni angolo, birra e bourbon, e a un certo momento nessuno era più seduto. Con il Rock’n’roll non è possibile. Buddy Holly aveva ottimi musicisti, il giovane Wailon Jennings, che diventerà una star del country, e suonava il basso, Tommy Allsup, chitarra elettrica, country-man anche lui. Francis Di Mucci detto Dion e il suo gruppo. La migliore delle serate finora eseguite in quel tour massacrante. Big Bopper aveva voce rauca per via dell’influenza e regalò un’interpretazione singolare. Ritchie Valens travolgente con la sua Come On, Let’s Go e poi prese con La Bamba e il pubblico si scatenò.

Per tre di loro era l’ultima volta, e nessuno lo sapeva. Nemmeno l’Oracolo di Memphis notò segni di premonizione. 


3 febbraio 1959

Il piccolo aereo rimediato da Buddy offriva tre posti. Subito Dion Di Mucci rinunciò perché il biglietto per lui non era congruo al servizio. Buddy teneva ai suoi musicisti, voleva risparmiare loro una sofferenza di cinquecento chilometri, ma Jennings aveva già ceduto il posto a Big Bopper, rosso in viso e febbricitante.

Ed ecco le prime frasi pronunciate non dai poveri umani, come ritengono quelli che credono nella materia, al Big Bang e stupidaggini del genere, ma dal Destino in persona, che quella sera si presentò nel più classico dei suoi vestimenti, con mantella nera, larga, e sotto l’arma letale che falcidia poveri e ricchi, buoni e cattivi.

– Wailon, mi lasci solo, che tu possa schiantare su quel maledetto pullman – e Buddy era davvero alterato.

– E allora che tu possa fracassarti al suolo con quel rudere da turisti.

E in quel momento Jennings non aveva pronunciato semplici parole, ma sfornato una frase che pesava Sixteen Tons, come la canzone di Johnny Cash, che negli anni cantò con tutto quel peso sull’anima.

C’era preoccupazione fra gli artisti. Pensavano a quel viaggio di trasferimento in pullman e tutti avrebbero preferito l’aereo.

– Non ho mai volato in vita mia – disse Ritchie Valens a Tommy Allsup, il chitarrista di Buddy Holly – cedemi il posto.

– E perché? Poi Buddy se la prenderà con me, come ha fatto con Wailon.

– Ti prego, esaudisci il mio desiderio.

– Senti, ragazzo, facciamo così. Tiriamo a sorte.

E lì c’era il dj del locale. Lanciò lui in alto la monetina. 

E Ritchie Valens non capì il guaio in cui s’era ficcato. Il Destino gli era sempre stato amico. A tredici anni suonava in un complessino della scuola e le ragazze impazzivano per lui. In pochi anni una carriera che i critici chiamarono fulminante, fino all’appuntamento fatale, che in seguito toccò a molti musicisti. Le morti giovani, come gli stessi critici le nominarono. Jimmy Hendrix, Jim Morrison, Brian Jones, Janis Joplin, Kurt Cobain e Amy Whinehouse, e quanti altri… ma loro ebbero più tempo per esprimersi. Sesso, Droga & Rock’n’roll… morti annunciate. Non così per i tre di quella notte. Metto la mano sul fuoco per loro, che furono i primi scelti dal Destino a immolarsi al mito delle leggende giovani, in quello che Don McLean chiamò “Il giorno in cui la musica morì”, e tutti annuirono. 

Fu così, caro nipote, e lo scoprimmo anni dopo, grazie ad American Pie, con quei versi immortali e agghiaccianti di quando lui, il futuro cantautore Don McLean, a febbraio di quel 1959 era un ragazzo che distribuiva i giornali e lesse in prima pagina la notizia, e si commosse per Maria Elena, la moglie di Buddy Holly che attendeva un figlio ed era già una giovane vedova.

Il pilota aveva vent’anni, e nel condurre un aereo non possedeva l’esperienza che invece i suoi passeggeri avevano nella musica.

Tante coincidenze sull’incidente. La strumentazione non era all’altezza, nevicava fitto e minacciava di peggio, forse qualcuno aveva sconsigliato il volo. Dopo il decollo l’aereo, pare, volò verso terra credendo di salire. Altre combinazioni, e altre ipotesi.

Autentici invece i sogni di tre ragazzi, tre nuove stelle a brillare, anche se il cielo era scuro e tempestoso. 

Ritchie Valens, Buddy Holly e Big Bopper, lasciati gli amici alla sala dell’ultimo concerto, pensavano a quella del giorno dopo.

– È sempre la Bamba che fa sobbalzare le persone, mi scrivono lettere dal Messico – diceva Ritchie, ma subito attimi di paura, che succede? Non canterò la mia nuova, non canterò per niente. Ho solo diciott’anni.

– Mi comprerò camicie nuove a Fargo – si compiaceva Buddy, ma subito attimi di paura, che succede? La mente si libera di tutto e resta un solo pensiero. Maria Elena, ti amo. 

– Ragazzi, non sto bene – si lamentava Big Bopper – Ringrazio Wailon se continuerò questo tour, ma subito attimi di paura, che succede? Pronto, chi parla? Signore dei Cieli, sei tu?

I raggi di sole al mattino si scagliarono su quel giorno chiamato 3 febbraio. E poi sul mondo che doveva ancora venire. Illuminarono la strada, a noi, e a quelli che seguirono. 

Caro nipote, come sai la moglie di Buddy Holly, ricordata da McLean, per il dolore perse il bambino che aveva in grembo. Poi nella vita fece tutto per quel giovane che le aveva donato una rosa e chiesto di sposarla al primo incontro. E alla fine Maria Elena pensò alla cosa più grande, una Fondazione liberale, aperta a tutti, per educare i giovani alla musica.  


Appendice

AMERICAN PIE  

(Il giorno in cui la musica morì)

Ricordo, tanto tempo fa
come quella musica mi facesse sorridere
e sapevo che se avessi avuto la mia occasione
avrei fatto ballare quella gente
e forse sarebbe stata felice per un po’

Ma febbraio mi faceva venire i brividi
ogni giornale che consegnavo
brutte notizie davanti alla porta
non potevo andare avanti così

Non posso ricordare se ho pianto
quando ho letto della sua sposa rimasta vedova
ma qualcosa mi ha toccato profondamente
il giorno che la musica è morta

Arrivederci, miss American Pie
ho guidato la mia Chevy sino all’argine
ma l’argine era secco
e loro, buoni vecchi amici
stavano bevendo whisky di segale
cantando – questo è il giorno in cui morirò
questo è il giorno in cui morirò.

 (Don Mc Lean, 1970))

Prologo

Quel giorno in cui zio Stefano mi raccontò tutto questo, a un certo punto si tolse la giacca a frange, e le rose rosse ricamate sulla sua camicia nera brillarono come stelle in cielo. Abbassò il capo, commosso, e portò il suo cappellaccio al cuore.

La storia di Eddie Cochran te la racconterò un’altra volta, ma adesso cerca la canzone intitolata Three Stars che lui dedicò a Buddy Holly, suo amico, e a Ritchie Valens e Big Bopper, con i quali condivideva i battiti del Rock’n’roll.

Zio Stefano diceva di essere stonato, e così mi recitò la canzone di Eddie Cochran come fosse una poesia. Lui era un patito di Carmelo Bene e la lesse allo stesso modo che l’attore leggeva Majkovskij o Pasternak.

THREE STARS

Guarda in alto nel cielo, verso nord
Ci sono tre nuove stelle che brillano brillantemente
Stanno brillando così luminosi dal cielo lassù
Cavolo, ci mancherai, tutti ti mandano il loro affetto
Ritchie, stavi appena iniziando a realizzare i tuoi sogni
Tutti mi chiamano ragazzino, 

Ma tu avevi solo diciassette anni
Ora Dio Onnipotente ti ha chiamato, da così lontano
Forse è per salvare qualche ragazzo o ragazza
Chi potrebbe essere andato fuori strada
E con la tua stella che splende nella notte buia e solitaria
Per illuminare il cammino e indicare la via, la via giusta
Cavolo, ci mancherai, tutti ti mandano il loro affetto
Buddy, posso ancora vederti, 

Con quel sorriso timido sul viso
Sembra che i tuoi capelli siano sempre stati 

Un po’ scompigliati, e un po’ fuori posto
Ora, non molte persone ti conoscevano davvero o
Ho capito come ti sentivi
Ma solo una canzone da parte tua, solo una tua canzone
Potrebbe far sciogliere il cuore più freddo
Bene, stai cantando per Dio adesso, nel suo coro nel cielo
Amico Holly, ti ricorderò sempre con le lacrime agli occhi
Cavolo, ci mancherai, tutti ti mandano il loro affetto
Vedo un uomo corpulento, il tuo nome è Big Bopper
Dio ti ha chiamato in paradiso, 

Forse per nuova fortuna e fama
Continua a indossare quel grande cappello Stetson 

E divaga davanti al microfono
E non dimenticare quelle meravigliose parole, 

Sai cosa mi piace
Guarda in alto nel cielo, verso nord
Ci sono tre nuove stelle che brillano brillantemente
Stanno brillando, oh così luminosi, dal Cielo lassù
Cavolo, ci mancherai, tutti ti mandano il loro affetto

(Eddie Cochran, 1959)

Fonte: Musixmatch – Compositori: Dee Tommy – Testo di Three Stars © Unichappell Music Inc., Campbell Connelly And Co. Ltd., Elvis Presley Music, Inc.

QUEL GIORNO CON EDDIE COCHRAN

Caro zio, mi lasciasti con la promessa di raccontarmi di Eddie Cochran… non fa niente, ho imparato la tua lezione, che l’oggi e il domani e ieri non esistono perché tutti noi viviamo un solo attimo di eternità, compresi in un punto indefinito. Lui, il più grande musicista capace di ispirare Beethoveen e Bach e insieme Chuck Berry e Fats Domino, Lui sa bene questo, e altro. Grazie zio.

Allora ti dirò di quel giorno che incontrai Eddie Cochran. Era il 7 febbraio 1959 e mi trovavo al Town Hall Party fra il pubblico… e vedo il tuo sorrisino che scherza sul fatto che io non ero ancora nato, e tu solo, per quanto detto prima, sai che io ero là, così come tu eri nella guerra di Corea e a sette anni staccasti la testa a un coreano con un pugno. 

Ooo C’mon everybody 

Andiamo tutti e stiamo insieme

E già non mi trattengo, un incipit che è un invito. É questa la vita, la vita vera, dico a me stesso, e muovo le ginocchia, le gambe, il bacino, senza che me ne accorga, perché è l’energia vitale a fare di me un ballerino, io che prima di allora me ne stavo sul banco a fare i compiti. Lui che sa tutto di noi, delle nostre piccolezze e ingenue aspirazioni, Lui ci guida a suo piacimento.

E la casa tremerà per i miei piedi nudi che sbattono sul pavimento. 

Bene, quando ascolti quella musica non puoi stare fermo. 

Se tuo fratello non farà rock, lo farà tua sorella.

Ooo C’mon everybody.

E applaudo all’infinito, il più bel Rockabilly della storia del Rock’n’roll.

E queste parole le dico a Eddie, dopo lo spettacolo, e parlo con lui, e lui tira fuori quella tragedia, di soli tre giorni prima. Buddy e io eravamo amici, mi dice, debbo fare qualcosa per quei tre ragazzi, debbo rendere loro omaggio.

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