Aveva sempre un cappello in testa, i pantaloni sciupati, le scarpe un poco sporche, sembrava uno come tanti, invece lui era l’uomo che scriveva nel vento, e io ero la sua ragazza, da quando avevo vent’anni ero la sua ragazza, e lui scriveva nel vento, scriveva per me, e io non sapevo leggere nel vento, avevo imparato a leggere i libri, e la mia libreria si ingrandiva ogni giorno, ma il mio ragazzo non scriveva libri, lui scriveva nel vento, e io lo amavo, era così dolce, e tenero, lo amavo per quello che era, e non so neanch’io il perché, a volte lo dimenticavo, e poi lo amavo ancora di più, lui scriveva e io non capivo, però lo amavo, lo amavo sempre, e sentivo che mi perdevo in lui, e volevo fuggire, e poi tornavo con il mio amore che era tutta me stessa… e un giorno nel bosco sentii le foglie tremare, mi voltai ed era il vento, e nel vento lessi le parole, le parole che il mio ragazzo aveva scritto per me, e quelle parole sembrava di sentirle dalla sua voce, e il giorno dopo ancora, e ogni giorno leggevo nel vento… e quando noi due passavamo per strada, o stavamo con gli amici, eravamo solo marito e moglie, eravamo una coppia, come tante, e c’era la casa da mandare avanti, i bambini da crescere, il lavoro e la vita di tutti i giorni… e lui però scriveva nel vento, e io leggevo, e il nostro amore era il vento, e il vento sgretolava le montagne, e correva sul mare e tra le rose, e lui diceva che tanti scrivono ma pochi sanno leggere, e io allora gli dicevo che invece tanti leggono nel vento e pochi sanno scrivervi, e scherzavamo ancora come quando eravamo ragazzi, il tempo non era passato, e per noi c’era sempre un alito, anche quando nessuno lo sentiva… e io so una cosa, che alla fine del mondo, di tutti quei libri, di tutte quelle librerie e biblioteche, rimarranno solo le parole scritte nel vento.

di Anna Bentivoglio, illustrazione di Renato Pegoraro

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)

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di Anna Rosa Confalonieri

Le streghe son tra noi (non solo a Salem)


La caccia alle streghe fu un inquietante fenomeno che affonda le sue radici in tempi molto lontani: già nell’Antico Testamento e in epoca romana la pratica della magia era condannata e vietata. E’, però, dal 1300 circa che tali superstizioni saranno oggetto di una vera e propria legislazione, messa in atto non solo dalla Chiesa cattolica attraverso il Tribunale dell’Inquisizione, ma anche e soprattutto dalle autorità laiche.

La caccia alle streghe ha inizio ufficialmente nel 1327, con una bolla di papa Giovanni XXII e ricevette una forte spinta da due fenomeni concomitanti: la terribile peste nera del 1348 e la lotta alle nascenti eresie che minavano il Cattolicesimo. La diffusione della pestilenza e le cause della malattia erano sconosciute e interpretate come una punizione divina. Inevitabile la ricerca di un capro espiatorio che accogliesse su di sé le colpe della comunità; la quale, attraverso questo meccanismo di transfert, espiava.

Altra data fondamentale il 1484, anno in cui venne pubblicato il Malleus maleficarum ( Il martello delle streghe ), un testo che fissava le procedure da seguire nei processi di stregoneria. Presto il fenomeno assunse la forma dell’isteria collettiva che colpì soprattutto le donne, (ma non solo), depositarie delle pratiche mediche naturali considerate ora strumenti di maleficio e ritenute moralmente più deboli dell’uomo, più carnali e dalla fede vacillante, anello di congiunzione tra l’uomo e il demonio. Torturate, sottoposte a infamanti e sadici interrogatori, arrivarono a confessare l’inconfessabile. Molte morirono durante le indicibili torture, altre furono imprigionate e il loro nome si perse nella notte dei tempi, altre ancora, le più ostinate, venivano impiccate pubblicamente o ricevevano la purificazione con il fuoco. Si stima che in circa tre secoli nell’Europa Occidentale siano state eseguite tra le 40 e le 60 mila condanne capitali per stregoneria, per la maggior parte nel Nord Europa, soprattutto in Germania, patria di Martin Lutero.

Queste sono cose note, ma forse non tutti sanno che uno dei più famosi processi alle streghe si aprì il 20 marzo del 1520 a Venegono Superiore, in provincia di Varese, nel castello del conte Fioramonte Castiglioni.

Le indagini iniziarono dopo che venne affisso sul portone della chiesa un messaggio in cui si rendeva nota la presenza di streghe in paese e si chiedeva di fare segnalazioni. Le denunce non tardarono ad arrivare. Il processo inquisitorio ebbe inizio sulla base di pettegolezzi e senza un avvocato difensore, che avrebbe rischiato a sua volta. Si concluse con il rogo del Monterosso, una collinetta sopra Venegono, per sette donne, una delle quali morì durante l’interrogatorio e il suo corpo riesumato e arso, accusate e ritenute colpevoli di eresia, di aver stretto un patto con Satana, di essersi unite a lui e di aver compiuto malefici.

Tra queste la prima ad essere interrogata fu Margherita Fornasari che si rifiutò di fare i nomi di altre donne, seguirono la figlia di lei Caterina ed Elisabetta Oleari (che si proclamò innocente fino alla fine, ma la cui colpevolezza era “ampiamente provata dalle testimonianze delle altre donne”), Antonina del Cilla, Maddalena del Merlo, Majnetta Codera e Giovannina Vanoni. Tra di loro un uomo, punito con l’esilio

Un fatto come tanti, ma l’unico in Italia di cui conserviamo l’intero fascicolo, il Processum strigiarum , salvatosi miracolosamente dalle fiamme che nel 1788 distrussero l’intero archivio dell’Inquisizione del ducato di Milano, conservato in Santa Maria delle Grazie, in cui sono contenuti i nomi delle poverette e le regole di questa tremenda e insensata pratica.

Anna Rosa Confalonieri, nata a Milano nel 1967, varesina d’adozione, tiene corsi di narrativa, storia e storia dell’arte negli istituti di recupero anni. Affascinata dal Medioevo, ama legare fatti di storia generale con curiosità e aneddoti di storia locale, scavando nei documenti e nelle tradizioni ancora vive.

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