Di Anna Iemma

In un piccolo villaggio al confine tra Russia e Ucraina, la vita scorreva tranquilla tra i campi di grano e le case di legno. Il sole sorgeva ogni mattina, risvegliando gli abitanti con i suoi raggi dorati e promettendo una giornata di lavoro e di semplici gioie. Tuttavia, il destino aveva in serbo una prova difficile per questo angolo di mondo.

Un giorno, senza preavviso, il ronzio lontano degli aerei e il rumore sordo delle esplosioni interruppero la pace. La guerra tra Russia e Ucraina era arrivata anche qui, portando con sé paura e incertezza. Gli abitanti del villaggio, sorpresi e spaventati, si trovarono a dover fare scelte difficili. Alcuni decisero di fuggire, cercando rifugio in luoghi più sicuri, mentre altri scelsero di rimanere, radicati alle loro case e alle loro terre. In mezzo a questo caos, due amici d’infanzia, Maksym e Ivan, si ritrovarono su fronti opposti. Maksym, con le sue convinzioni forti e il suo amore per l’Ucraina, decise di unirsi ai difensori del suo paese. Ivan, invece, trascinato dagli eventi e dai legami familiari, si trovò a vestire l’uniforme russa.

La guerra, con la sua brutalità, non risparmiò il villaggio. Le case furono danneggiate, i campi bruciati, e la vita di ogni giorno fu interrotta da continue minacce e pericoli. Ma in mezzo a questa oscurità, la luce dell’umanità continuava a splendere. I villaggi si aiutarono a vicenda, condividendo cibo e rifugio, e mantenendo viva la speranza di giorni migliori. Una notte, mentre le stelle brillavano debolmente in un cielo offuscato dal fumo delle battaglie, Maksym e Ivan si trovarono faccia a faccia. Entrambi armati, entrambi stanchi e segnati dalle esperienze vissute. Per un lungo momento, si guardarono negli occhi, riconoscendo l’amicizia e i ricordi che li legavano. In quel silenzio carico di emozioni, capirono che la loro umanità comune era più forte di qualsiasi conflitto. Quella notte, Maksym e Ivan fecero una scelta coraggiosa. Deposero le armi e, insieme, decisero di lavorare per la pace, cercando di portare un barlume di speranza nel cuore oscuro della guerra. Il loro piccolo gesto divenne un simbolo, un promemoria che, anche nei momenti più bui, la luce dell’umanità può trovare il modo di brillare. E mentre il sole sorgeva su un nuovo giorno, il villaggio iniziò lentamente a tessere di nuovo i fili di una vita spezzata, ma mai del tutto perduta.

Anna Iemma è nata al Sud, ma da bambina è emigrata al Nord. Oggi si sente una di mezzo. Passa dodici ore al giorno in internet. Otto a dormire. Le altre quattro top secret.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI DI GUERRA E PACE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)


IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

di Roberto Filippini

La nostra classe, la terza D del Liceo di Saronno, era divisa in due quartieri, a destra quello delle ragazze e a sinistra i maschi. Angela era in prima fila vicino alla porta e quando si voltava verso di me, che stavo in fondo dall’altra parte, trovava sempre i miei occhi su di lei.

Un giorno il burbero insegnante di scienze la richiamò: “Signorina Angela ma lei ha il torcicollo?” Angela temette di essere stata scoperta e la sua sensibilità non resistette. Dalla mia postazione notai che si asciugava una lacrima.

Anch’io mi sentii offeso dal professore, e la vulnerabilità di Angela risvegliò qualcosa dentro di me, un coraggio che non sapevo di avere. La lacrima è una silenziosa confessione, un linguaggio che va oltre le parole.

Scrissi su un foglietto: “Al tramonto, al Parco della Pianeta” e glielo feci arrivare come si faceva nei compiti in classe da un banco all’altro. 

All’appuntamento giunsi mezz’ora prima e ripassai tutte le frasi che mi ero preparato, ma quando comparve in fondo alla stradina ero già senza parole.

Ci sedemmo su una panchina. Il sole non sapeva più come aiutarci con i suoi riflessi sugli alberi. Ogni respiro diventava un dialogo nascosto.

Angela era accanto a me, il calore della sua presenza come una promessa non ancora svelata. Le parole danzavano sulla punta della mia lingua, ma il timore di rompere un incantesimo mi tratteneva ancora. E poi accadde, finalmente. Dalla tasca della giacca presi lo smarphone e dissi: “Ti voglio far sentire una canzone che piaceva ai miei genitori quando erano giovani”.

Lei mi guardò, i suoi occhi lucidi riflettevano la luce del tramonto e dissolvevano i miei dubbi. “Il peso di tutto ciò che non diciamo è troppo da portare”, disse con una certa commozione che di nuovo le procurò una lacrima.

In quel momento compresi che il nostro silenzio non era una barriera, ma un desiderio che entrambi temevamo esplodesse distruggendo l’amore.

Due anni dopo ci iscrivemmo all’Università. Lei biologia, io ingegneria meccanica. L’anno scorso è nato Roberto, che noi chiamiamo Bobby.

Roberto Filippini, ingegnere meccanico, di norma scrive rapporti di carattere tecnico-industriale. Sportivo, pratica il wakesurf sul lago di Como. Prima o poi ne scriverà un racconto.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

di Michele Massa

Bari, 8 dicembre 1965.

Avevo dormito poco. Non vedevo l’ora di preparare il presepe, regalatomi da zio Gino qualche mese prima, per il mio decimo compleanno. Era monumentale, in legno e sughero. Per allestirlo, io e mio padre impiegammo tutta la mattinata. Alla fine, il risultato fu sorprendente. Non restava che aspettare i parenti e gli amici che sarebbero venuti a vederlo.

La prima visita, già programmata, per me sarebbe stata la più importante: nel pomeriggio sarebbe venuta Patrizia, la mia compagna di banco, con sua madre. Tutta la classe m’invidiava perché ero seduto accanto a lei: la più bella della scuola. Ne ero innamorato, ma per lei ero soltanto uno dei suoi spasimanti.

Patrizia arrivò puntuale alle cinque, con sua madre e una maestosa torta al cioccolato. Ma le mie attenzioni erano soltanto per lei. Mi piacevano i suoi capelli lunghi e biondi, gli occhi di un celeste chiaro e quel neo su uno zigomo. Col maglioncino rosa con le perline, e gli orecchini a cuoricino, era semplicemente bellissima. Io, invece, ero semplicemente incantato. Le nostre mamme cominciarono a chiacchierare. Patrizia e io, da subito annoiati, andammo a giocare nella mia cameretta. Con lei il tempo volava. La ingolosii con una spremuta d’arancia fatta da me e qualche biscottino natalizio fatto da mia madre. Lei era felice. Anch’io ero felice. Ma volevo fare di più. Mi feci coraggio, la presi per mano e l’accompagnai al presepe. L’idea le piacque: sembrava incuriosita e piacevolmente sorpresa. Cercai di darmi un tono da professore e m’improvvisai esperto di presepi napoletani, pur non sapendone niente. Ma proprio niente. Patrizia era incantata dalle mie parole. E io parlavo, parlavo, parlavo…

Sul più bello, accorse sua madre: dovevano andare via. Patrizia batté i piedi a terra perché voleva restare. Sua madre, insensibile alle suppliche, andò nell’ingresso a prenderle il cappotto. Io mi rattristai. Una lacrimuccia scivolò sull’incantevole viso di Patrizia. Lei mi guardò, si sollevò sulla punta dei piedi e mi diede un bacio su una guancia.

Divenni rosso come un pomodoro. Tremavo. Ce l’avevo fatta: eravamo fidanzati! Avrei voluto saltare di gioia, abbracciarla, regalarle l’album con le figurine dei calciatori. Sul momento, come promessa di matrimonio, le donai una pecorella del presepe: la più bella di tutte. Mi aspettavo un altro bacio.

Lei la prese e se la rigirò tra le dita. «Grazie, che carina… la regalerò a Remigio. Ѐ il più bravo della classe e mi fa pure i compiti a casa!» Fine del fidanzamento. Ma, forse, di essere stata la mia fidanzata non l’aveva mai saputo.

Michele Massa è nato a Bari il 30 agosto 1955. Bancario in pensione, vive a Bologna. Oltre mille interventi sulla principale stampa italiana. Di recente ha pubblicato con Apollo Edizioni, Il Cuscino di Stelle, Historica, Temperino rosso (in stampa).

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

di Mariachiara Ferraro

O Cedro che occupi la finestra del mio risveglio: dal colore delle tue fronde indovino l’ora e la giornata. Ti immagino ancora seme in terre lontane, e poi, giovane di pochi metri, sradicato e imbarcato con altri compagni alla volta del ricco Occidente, deportato ad abbellire i giardini dei suoi nobili e borghesi… Hai viaggiato a lungo per approdare chissà come di fronte a casa mia. O meglio, io sono approdata di fronte a te, che c’eri già da tempo, non so nemmeno quanto: dovrei chiedere al vicino, che sa tutto di tutti nel raggio di un chilometro – lui che ogni giorno spazza meticolosamente i tuoi capelli aghiformi dal suo vialetto, sul quale ti affacci da prima di lui e della sua scopa – che pure occupano il mio risveglio ogni mattina -, tu, enorme, eccessivo, esuberante, quasi fastidioso nella tua abbondanza. Tu c’eri quando da qui si vedevano i tramonti; e hai guardato impotente quando l’odioso condominio rosso inesorabile li ha coperti, con i suoi quattro piani, la sua banca, i bar e il parcheggio. Hai visto le formiche rosa, questa indaffarata razza umana, avvicendarsi ai tuoi piedi sempre più di corsa, sempre più piccole sotto di te, mentre diventavi il gigante che sei. Da quando sono arrivata sei sempre stato lì, alla finestra. Ci hai guardati dormire, piangere, ridere, cambiare posto ai mobili, preparare una culla; hai visto mio figlio crescere con te, con la tua folta chioma di velluto verde scuro, con la tua presenza silenziosa, sontuosa, impassibile. Finché le formiche rosa si sono scocciate di tanta abbondanza, della tua pioggia di aghi che inondava la strada, i vialetti ordinati, le grondaie, i tombini… e così hanno pagato i ragnetti rosa per arrampicarsi sui tuoi rami e fare del tuo manto di velluto tristi brandelli penzolanti, con troppo cielo dietro. E tu, impassibile e nobile – sono sicura che allora hai provato qualcosa… vergogna? Forse rabbia? Io di certo pena. Quando quel giorno sono tornata a casa e ti ho trovato così, ho pianto. Oggi, due anni dopo, ti sei rifatto una vita, ago dopo ago. Durerà? Finché gli insetti rosa non si riterranno ancora padroni di farti ciò che vogliono, perché tu, muto, non protesti, per ora. Mio figlio mi chiede a volte, con un velo di timore: “Ma se cadesse, da che parte cadrebbe? Sulla nostra casa?”. Non gli so rispondere. Ma se in una notte di tempesta cadrai da questa parte, non farci troppo male… So che sarà perché volevi abbracciarci prima di andartene, dopo tanta vita a guardarci soltanto. Chissà se sarà più dolce morire, tra le tue braccia… o Cedro, venuto dal Libano alla mia finestra.

Mariachiara Ferraro. Cantante, amante della musica unita alla poesia nei lieder dei poeti romantici tedeschi, nella poesia di Fernando Pessoa nel Fado portoghese, delle voci di donne che hanno portato al mondo parole intense, sulle ali del canto.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) ALBERI NEL MONDO ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

di Benedetta Pivetti

– Ben tornata! Da dove arrivi?

– Dalla cena coi colleghi, te l’avevo detto.

– Ma è quasi l’una di notte, un po’ tardi per una cena, non trovi?

– Lo sai come vanno a finire queste serate, Fabio. Abbiamo aspettato un sacco, c’era il locale pieno, poi abbiamo preso tutto, dall’antipasto all’ammazza-caffè, poi siamo rimasti fuori a chiacchierare nel parcheggio e c’era Mauro che era pieno e dava spettacolo.

– Strano…

– Cosa strano? È andata così. Perché sei sospettoso? –   Strano perché io ero nel parcheggio dalle undici e mezza, e non c’era nessuno di voi.

– …

– Stai attenta a quello che dici Bea.

– Fabio, aspetta. Prima ho dimenticato di dirti che abbiamo accompagnato Mauro a casa dopo le undici. Non si reggeva in piedi, non poteva guidare, capisci?

– Che combinazione, proprio prima che arrivassi io.-   Sì, devo aver perso la cognizione del tempo, ho bevuto anche io, mi conosci.

– Un’ora e mezzo per riaccompagnarlo a casa? E non capisco nemmeno perché ci sia andata anche tu.

– Perché eravamo tutti insieme! Poi siamo rimasti davanti a casa sua a chiacchierare. Perchè questo interrogatorio? –   Guarda come sei diventata brava a raccontare palle. Ma chi ho sposato?

– Cosa stai dicendo Fabio? Sei fuori.

– Bea, è un po’ che ti osservo, sei sempre distratta, attaccata al cellulare, credi non me ne sia accorto? Cosa mi nascondi?

– Non ti nascondo nulla e tu sei paranoico.

– Porca puttana, Beatrice, io ero già lì, ti ho vista salire sull’auto di Carlo e andare via con lui. Adesso che ti inventi? Sentiamo. –   Lo sai benissimo che con Carlo ci conosciamo da una vita, mi ha solo chiesto di fare due chiacchiere mentre riaccompagnavamo Mauro a casa, che poi lui doveva rientrare.

– Brava, continua a prendermi per il culo.

– E tu invece, non mi avevi detto che restavi a casa? Perché sei venuto a spiarmi? Forse che prima sei passato dalla tua ex che è ancora lì che ti aspetta e guarda caso abita proprio vicino al ristorante?

– Hai un bel coraggio.  Cosa c’entra Maria adesso? Ti ho beccata io in fallo, sono dieci minuti che inventi storie e hai la sfrontatezza di attaccare tu.

– Beh, non sarebbe mica la prima volta, credi non lo sappia? Hanno visto la tua macchina parcheggiata sotto casa sua diverse volte.

– Sì, sono passato da lei qualche volta. Voleva parlarmi, mi ha supplicato e non potevo dirle di no.

– Ma dimenticarti di dirmelo, sì, evidentemente.

– Era inutile farti ingelosire per niente, Bea. E cos’è quella lacrima adesso?

– Nulla, lascia perdere.

– Dimmi cosa è successo prima con Carlo, su.

– Niente di male, Fabio. Come tra te e Maria, del resto. E ora vorrei andare a dormire.

Benedetta Pivetti. Nata e vissuta in Emilia, nel 2023 si trasferisce in Liguria. Dopo gli studi economici, si è sempre occupata di amministrazione in azienda. Appassionata di lettura e parapendio, scrive racconti per diletto prediligendo le relazioni umane e amorose.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

di Mario Trapletti

Gli era capitata in mano per caso quella fotografia, riaffiorata da uno di quei buchi neri che divorano il passato. Non la vedeva da anni. Anni…? Decenni, quasi cinque: aveva vent’anni, all’epoca. Un po’ sbiadita, magari, ma ancora capace di imporsi all’attenzione.

Un primo piano di… di Laura. Il cognome non lo ricordava. La sua ragazza di allora. L’aveva scattata lui, la foto, quando si erano lasciati. Quando lui l’aveva lasciata.

Sfiorò il dolce, triste viso di lei per togliere un qualcosa che le si era depositato sulla guancia sinistra, poco sotto l’occhio. Non se ne andava. Mosso da un vago presentimento, afferrò la potente lente d’ingrandimento che stazionava sulla scrivania, e mise a fuoco l’imperfezione dell’immagine.

Altro che imperfezione! Guardò e riguardò, e non c’erano dubbi: l’istantanea aveva immortalato una lacrima.

Una lacrima…

La fissò intensamente, non seppe per quanto tempo; d’improvviso, si dilatò fino a raggiungere la consistenza di una sfera di cristallo. Che mostrava non il futuro, ma il passato. Si rivide, e si riascoltò, mentre pronunciava quelle frasi delle quali era convinto di aver perso il ricordo.

… perché io ti voglio bene, un bene da morire, ma non mi sento ancora pronto…

… sono giovane, voglio vivere, esplorare il mondo, ho paura che soffocherei chiuso nel bozzolo della vita di coppia…

… sei d’accordo anche tu, no, che la coppia è un po’ la tomba dell’amore… (aveva letto da qualche parte qualcosa del genere, più o meno. Era un periodo, quello, che se ne dicevan tante di cose così… maledetta ideologia)

… io con te sto bene, davvero, mi piaci, mi piace tutto di te, però… però… guarda che lo faccio anche per te, per non farti sentire troppo legata, per non limitare la tua libertà proprio adesso che ti stai aprendo al mondo…

… credimi, anche questa è una prova d’amore…

Le aveva pronunciate davvero quelle idiozie, e magari ci credeva pure.

La lacrima-sfera di cristallo gliele stava facendo scorrere davanti agli occhi dardeggianti di lampi incandescenti.  Pulsanti e dolorosi come i colpi di laser quando gli avevano saldato la retina.

Solo adesso capiva lo scemo che era stato, il tesoro che aveva gettato alle ortiche senza manco rendersene conto. Lei lo amava, e basta; le sue parole l’avevano ferita nel profondo, come adesso trafiggevano i suoi occhi.

Lo amava: quella lacrima, pur sola, era lì a testimoniarlo. E lui nemmeno l’aveva vista.

Adesso capiva; adesso che Laura era solo un refolo di memoria intriso di pungente, inutile rimorso.

… a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età…

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

di Rosella Bottallo

Usciamo da Bilancio familiare. Questi corsi per la terza età sono interessanti. Forse un po’ generici, ma non tutti hanno le competenze per approfondire, si sa. Mentre cammina Luisa caccia in borsa fogli e foglietti. Gliene cade uno. Lo raccolgo, glielo porgo. 

«Ah, Giulio, eri a lezione? Non ti avevo visto».

Figurarsi, sono sempre nei banchi davanti, ma non sto a smentirla. Devo sfruttare la buona occasione che mi ha offerto la sorte.

«Luisa, ti va un caffè? Così intanto potrei spiegarti quella storia del rating. Sono sicuro che ci hai capito poco, mentre io qualcosa ne mastico. Mi ero pure iscritto a Economia, una vita fa».

Sta per replicare, ma la prevengo:

«La lezione di Astronomia di oggi è stata cancellata, l’ho letto nel sito. Lo sai, no?»

Non è vero. Ma di sicuro lei non si è connessa stamattina. Non le do tempo di trovare scuse: «Andiamo da Sforza, si sta tranquilli».

Sforza ha i migliori cannoli della città; per arrivarci si attraversa il boschetto di betulle, così romantico, con quei primi fiori giallini. Amenti, si chiamano. Le proporrò una sosta sulla panchina nel boschetto, ben riparata da quella siepe che l’ultimo orizzonte il guardo esclude. Eh, l’immortale Leopardi.

Magari poi glielo cito.

La panchina è libera, Luisa si siede. Percepisco un’ansia leggera nel suo respiro. Sarà l’emozione per questo invito inaspet tato? L’agitazione per una intimità preannunciata? Al ritorno della gita in Val Camonica le avevo tenuto il posto vicino a me sul pullman, ma era stata intercettata dalle vedovelle giulive. Peccato: sulle incisioni rupestri avrei potuto darle quelle informazioni che la guida aveva omesso.

Sento il suo respiro farsi più affannoso. Le prenderei la mano, se non fosse che lei sta rovistando in borsa. Cerca i fazzoletti. Non li trova, per fortuna ne ho sempre una scorta. Glieli passo. Quando si gira verso di me vedo una lacrima tremolare sul ciglio, ingrandita dalle lenti. Non immaginavo di suscitare tanto turbamento. O è che si diventa più facili al pianto, invecchiando? La lacrima scivola sotto gli occhiali, scorre lentamente sulla guancia. Quella lacrima sul viso è un miracolo d’amore. Com’è vero, Bobby.

«Luisa, allora tu…»

Le prendo la mano? La abbraccio? Luisa rovista ancora in borsa, ne tira fuori uno spray che si infila nel naso, poi aziona la pompetta. Una, due, tre volte per narice. Si alza mentre lo ripone in borsa.

«È un antistaminico, sono allergica alle fioriture primaverili. Magari il rating me lo spieghi un’altra volta. Non vorrei perdere Astronomia: oggi parla di stelle giganti rosse». Si era connessa.

1° classificata nella sezione RACCONTI D’AMORE Rosella Bottallo. Pensionata di lungo corso, ex prof, che non lavora a maglia e non gioca a burraco, senza nipotini, occupa il tempo libero con letture disordinate e scrivendo racconti. L’attività che la gratifica di più però è insegnare l’italiano ai migranti.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org