Già allora

percepivo il vuoto

delle vite

e amavo la scontrosità

di certe persone.

Già allora

alla linea del denaro

preferivo la curva dei campi.

E già alllora

quando mi dicevano nero

lo vedevo bianco.

Solo che

non c’era accomodamento

e tagliando

tagliavo di netto.

è strano

come un bambino

veda chiara la luce

e crescendo la ricerca

e ricercandola la perde.

Rock'n'roll rumble instrumental Link WRAY

di Abramo Vane

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Mi chiedo quali parole userai,

con che tono me le dirai,

se avrai voglia di ascoltare,

anche le mie parole,

senza sbirciare sull’orologio,

nascondendo a malapena il tuo disagio.

Ci sarà le tele accesa,

e un film scorrerà lontano

e i miei occhi si poseranno

sui tuoi libri sul ripiano,

avrei voluto leggerne qualcuno

per avere un’altra cosa in comune

o solo così per informazione.

“Non è razionale, viviamolo senza guardare lontano

Viviamolo e lasciamo che vada,

tanto prima  o poi scolorirà.

Prendiamolo così com’è senza fare progetti

e d’altra parte che progetti vuoi avere,

così dissimili dai miei”

Avrai gli occhi duri, non ammetterai repliche,

mi dirai che era inevitabile e ti si addolciranno,

per irrigidirsi di nuovo quando ti accorgerai

che non vorrò capire, non vorrò accettare.

E mi disprezzerai per la mia cocciutaggine,

una mano di vernice non toglie la ruggine.

Mi chiedo quali parole userai

con che tono me le dirai,

e se avrai voglia di ascoltare

anche le mie parole.

di Mauro Speri

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Cerchiamo il modo, e non abbiamo tempo,

abbandonandoci nell’auto-commiserazione,

per dare un nuovo volto

alla nostra vita priva di soddisfazione.

Cerchiamo il mezzo, ma non abbiamo idea

scostando le tende per vedere nel futuro

per trovare una nuova via

nel nostro cammino insicuro.

Cerchiamo il fine e non abbiamo scelta

spegnendo le candeline ad una ad una

per ritrovare il sorriso di una volta

dopo la tristezza che chiamiamo sfortuna.

Cerchiamo il senso ma non abbiamo voglia

masticando amaro a ogni risveglio

dell’odio che brucia come sterpaglia

che non sappiamo di che è padre e di chi è figlio.

Cerchiamo il vero ma non abbiamo sete

erigendo pareti di pietra grezza

per comprendere le azioni errate

compiute in leggerezza.

Cerchiamo il mistero, ma non abbiamo fede

scomparendo come ombre nel buio

e della tristezza prede

e di noi che non abbiamo pelle ma cuoio.

Cerchiamo il tempo ma non abbiamo più ore

rotolando da un giorno all’altro

per avere ancora un’altra occasione

ora che abbiamo capito, ora che sono pronto.

di Osvaldo Urso

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Le nostre storie sono come l’acqua e il ghiaccio,

una si solidifica l’altra si scioglie.

Prendi le mie mani e infondimi coraggio

che tu possa per un po’ trattenerle.

Le isole nel Pacifico attendono le onde lievi

sotto conchiglie e stelle marine indugiano,

liberano l’ansia solo se le consideri brevi

come le storie che ci raccontano.

Rendere indietro il nome o darlo in pegno,

mille anni di ricordi e pensieri cupi

si allontanino e che sembrino un vago sogno,

non scappiamo, siamo noi i lupi.

L’ira che toglie il respiro,

un cristallo nel palmo della mano

che spezzi i raggi di sole e il mio lavoro

come un fulmine senza tuono.

Molti hanno detto: “ciao devo andare”

li ho osservati senza capire

eppure ero lì con i miei occhi a guardare

estraneo anche con il mio amore.

Salubre aria notturna raccoglie il mio profumo

che sa di vecchio e di rimpianto

sotto suole consumate ascolto il terreno

lo sento gemere perdersi nel pianto.

In quante notti incubi e viaggi onirici

hanno scavalcato la staccionata

e travolto i miei pensieri inutili

lasciando sotto di loro solo un’asse abbandonata.

Le lacrime scorrono e diventano ruscelli

sul versante della notte incerta

trascinando come piccoli fuscelli

a valle parole di carta.

Mi sono svegliato, ero sulla spiaggia

un antico bivacco dava tepore

raccolsi il necessario e lo misi in tasca: una conchiglia per ascoltare il mare.

Di Yoss Arian


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L’amico si ferma, riflette,

non teme il vento e la notte,

ma teme la solitudine,

e del poco che ha da dividere,

apre la mano e lo disperde.

Dal mare davanti s’inarcano onde,

le ho viste cadere a pochi passi da lui,

lacrime scendono sulle guance incavate,

gocce luminose sulla superficie del mare,

e caro amico che cosa sei?

Ora che la durezza del tuo cuore non le ha trattenute,

ora che le sue mani si stringono ad altre mani

e non sono le tue.

Il bicchiere riempito già troppe volte

non reca sollievo ma pensieri di morte

l’ultimo sorso ha spianato la via

tolto infine il dissenso alla follia.

I piedi si avvicinano alla schiuma rabbiosa

son quelli di chi non ha più niente da offrire,

e tra le nubi la luna curiosa

lascia lo sguardo vagare nel chiaro,

così da notare solo un bicchiere,

dove prima stava l’amico mio caro.

Di Mauro Speri

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