Il piccolo aereo rimediato da Buddy offriva tre posti. Subito Dion Di Mucci rinunciò perché il biglietto per lui non era congruo al servizio. Buddy teneva ai suoi musicisti, voleva risparmiare loro una sofferenza di cinquecento chilometri, ma Jennings aveva già ceduto il posto a Big Bopper, rosso in viso e febbricitante.

Ed ecco le prime frasi pronunciate non dai poveri umani, come ritengono quelli che credono nella materia, al Big Bang e stupidaggini del genere, ma dal Destino in persona, che quella sera si presentò nel più classico dei suoi vestimenti, con mantella nera, larga, e sotto l’arma letale che falcidia poveri e ricchi, buoni e cattivi.

– Wailon, mi lasci solo, che tu possa schiantare su quel maledetto pullman – e Buddy era davvero alterato.

– E allora che tu possa fracassarti al suolo con quel rudere da turisti.

E in quel momento Jennings non aveva pronunciato semplici parole, ma sfornato una frase che pesava Sixteen Tons, come la canzone di Johnny Cash, che negli anni cantò con tutto quel peso sull’anima.

C’era preoccupazione fra gli artisti. Pensavano a quel viaggio di trasferimento in pullman e tutti avrebbero preferito l’aereo.

– Non ho mai volato in vita mia – disse Ritchie Valens a Tommy Allsup, il chitarrista di Buddy Holly – lasciami il posto.

– E perché? Poi Buddy se la prenderà con me, come ha fatto con Wailon.

– Ti prego, esaudisci il mio desiderio.

– Senti, ragazzo, facciamo così. Tiriamo a sorte.

E lì c’era il dj del locale. Lanciò lui in alto la monetina. 

E Ritchie Valens non capì il guaio in cui s’era ficcato. Il Destino gli era sempre stato amico. A tredici anni suonava in un complessino della scuola e le ragazze impazzivano per lui. In pochi anni una carriera che i critici chiamarono fulminante, fino all’appuntamento fatale, che in seguito toccò a molti musicisti. Le morti giovani, come gli stessi critici le nominarono. Jimmy Hendrix, Jim Morrison, Brian Jones, Janis Joplin, Kurt Cobain e Amy Whinehouse, e quanti altri… ma loro ebbero più tempo per esprimersi. Sesso, Droga & Rock’n’roll… morti annunciate. Non così per i tre di quella notte. Metto la mano sul fuoco per loro, che furono i primi scelti dal Destino a immolarsi al mito delle leggende giovani, in quello che Don McLean chiamò “Il giorno in cui la musica morì”, e tutti annuirono. 

Fu così, caro nipote, e lo scoprimmo anni dopo, grazie ad American Pie, con quei versi immortali e agghiaccianti di quando lui, il futuro cantautore Don McLean, a febbraio di quel 1959 era un ragazzo che distribuiva i giornali e lesse in prima pagina la notizia, e si commosse per la moglie di Buddy Holly che attendeva un figlio ed era già una giovane vedova.

Il pilota aveva vent’anni, e nel condurre un aereo non possedeva l’esperienza che invece i suoi passeggeri avevano nella musica.

Tante coincidenze sull’incidente. La strumentazione non era all’altezza, nevicava fitto e minacciava di peggio, forse qualcuno aveva sconsigliato il volo. Dopo il decollo l’aereo, pare, volò verso terra credendo di salire. Altre combinazioni, e altre ipotesi.

Autentici invece i sogni di tre ragazzi, tre nuove stelle a brillare, anche se il cielo era scuro e tempestoso.

di Abramo Vane

VINO E SCRITTURA, la qualità si riconosce

Dico a mia moglie di prendere dallo scaffale in cantina una bottiglia, di incartarla con un foglio di alluminio, in modo che io non veda l’etichetta, e di portarmela a tavola. L’assaggio, e riconosco il Re dei vini, il Barolo. Mia moglie ha portato un’altra bottiglia, con lo stesso sistema. È un Barbaresco, il fratello minore del Barolo, che io a volte preferisco, perché è meno tannico. E poi lei ha esagerato, e ne ha portata un’altra, il Gattinara lo riconosco da lontano, è il vino che in assoluto preferisco. Sono cresciuto a Spanna e Gattinara, quando avevo quindici anni e s’incomincia a bere vino, dopo quel bicchiere di acqua e vino che mi era stato concesso a dieci.

E adesso fate la stessa cosa con i libri che stanno sugli scaffali della vostra libreria. Non guardate il titolo, prendete e aprite a caso. I romanzi buoni sono ben strutturati, come i vini. I grandi autori si riconoscono. Dal colore, dal profumo, dal gusto delle parole.

Continua il 12 ottobre

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.

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IL ROMANZO, un divenire continuo

Se leggiamo i critici, com’è giusto che sia, e li confrontiamo nel tempo, ciò che hanno detto fra di loro trent’anni fa e ciò che dicono oggi, leggeremo un po’ di tutto.

La crisi del romanzo che ogni tanto salta fuori, ciclicamente (e non è il ciclo di cui parlava la professoressa di chimica), la ricerca di riferimenti che cadono davanti all’esclamazione del re nudo, i saputelli che condizionano le coscienze, il potere delle case editrici che si adeguano al pensiero dominante, i valori della tradizione messi a tacere davanti al dio denaro… tutto vero!

E ripartiamo da qui, per capire la plasticità del romanzo. Il nostro lavoro quotidiano alla ricerca di formule e di strutture si rispecchia in una visione generale su questo tipo di espressione. Il romanzo è in continuo divenire. Si alimenta di ogni altra forma letteraria e artistica, e non importa se questa vive in momenti di stagnazione, perché il romanzo è in grado di rinnovarla, di donarle ancora il soffio vitale.

Per questo, nella sua essenza, il romanzo appare sempre incompiuto. E sempre attuale.

E poi c’è la tecnologia che avanza e si impone, fa piazza pulita delle improvvisazioni. Il romanzo resiste, e non teme niente e nessuno.

Continua il 5 ottobre

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.

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PSICOLOGIA, tra cui i nostri personaggi

Ognuno di noi ha un modo di essere, e ognuno ha i suoi problemi. A volte cerchiamo aiuto per risolverli. Abbiamo perso il giusto equilibrio, non sopportiamo la realtà, siamo deboli.

É quello che succede ai nostri personaggi. Li abbiamo pensati in un attimo d’intuizione artistica, li abbiamo creati. Danno soddisfazione, e problemi. Da loro dipende la riuscita del nostro lavoro. Diventeranno famosi o rimarranno imperfetti su una pagina che è solo uno scarabocchio di parole?

Qualcuno la fa comoda. Buoni da una parte e cattivi dall’altra. Psicologie semplici. Storie facili da raccontare, ma spesso superficiali, se non banali. La realtà del mondo e degli uomini è diversa. Le pagine già scritte intorno a noi, e che noi vorremmo interpretare con originalità e ingegno, mostrano personaggi dalla psicologia complessa.

Le brave persone che conosciamo sono davvero brave persone, ma ombre segrete abitano i loro cuori, e quelli che nella quotidianità, per quanto possibile, evitiamo di incontrare hanno qualità che dovremmo considerare. Così è l’umanità.

E per quanto riguarda il nostro impegno di sapere come stanno le cose, siamo in grado di creare psicologie credibili o ci accontentiamo di storielle con stili e strutture che giusto stanno in piedi e ci illudono di essere scrittori?

Continua il 28 settembre

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.

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DI BIRRA E DI SCRITTURA, e anche di branzino

Come distinguere una buona birra da una ottima? Dalle mie parti c’è la Poretti, che ha inventato i 3, i 4, 5, 6 luppoli. Poi i 7, distinti nelle diverse stagioni, e via con gli 8, i 9 e, incredibile, i 10, esclusivamente in bottiglia da champagne. Più volte mi capita di sentire disquisire sull’argomento, qualcuno che sentenzia sulle differenze dei molteplici luppoli. Chi dice loro che ci sono ottime birre con un luppolo solo? Grande marketing, grande Poretti. Vendono una birra industriale facendo credere che sia artigianale. Tanto di cappello. Ha battuto tutte le altri industriali, che si ingegnano in trovate.

E la stessa cosa per gli scrittori che raggiungono la televisione. Cabarettisti che si trasformano, intrattenitori che primeggiano nelle classifiche. I soliti nomi. Lasciamo perdere, a loro non levo il cappello.

Ma allora come capire la differenza fra una birra e l’altra, fra un testo e un altro? Si procede con lo stesso metodo: il confronto sul posto. Sorseggiate una 4 luppoli, e poi bevete una lagher di proclamata tradizione oppure una buona artigianale (attenzione: non tutte le artigianali sono all’altezza del nome, ma quelle buone sono davvero un’altra cosa), e dite.

Assaggiate un branzino di allevamento, e vicino uno pescato in mare libero.

Leggete una pagina di un raccomandato della tv e quella di un classico. Ecco, questo è il metodo con il quale procedere per migliorare la nostra scrittura. 

La nostra scuola propone la riscrittura. Bene. Mettete a confronto la prima stesura con quella che ne è uscita dall’aula del corso o dal vostro stesso lavoro individuale. Confronto sul posto.

Detto ciò, confesso di preferire una vera birra artigianale, un branzino pescato in mare, una pagina scritta che gronda sudore.

Continua il 21 settembre

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.

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IL FUMO E L’ARROSTO, cosa ci interessa davvero?

Riprendo il concetto, e non per una semplice operazione di marketing. Nello slogan c’è tutta l’illusione legata allo scrivere, che è la grande barriera da abbattere per entrare in un percorso serio di formazione. Sembra assurdo, ma il fumo attira più dell’arrosto. Ci caschiamo tutti. Anch’io, confesso. A vent’anni lessi un annuncio sul Corriere della Sera e pensai che se avessi mandato le mie poesie sarei diventato ricco. Poi scoprii che i massimi poeti italiani, quelli che pubblicano con i grandi editori, vendono al massimo duemila copie, nonostante abbiano vinto una gran quantità di premi nazionali e internazionali, e compresa la candidatura al Nobel. Chiarisco un particolare. Il fumo non viene nemmeno dall’arrosto. È invece creato a parte con rametti di pino mugo, bacche di ginepro, essenze di erbe aromatiche. Se seguiamo la scia da dove proviene, l’arrosto non lo troveremo.

Continua il 14 settembre

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.

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SEMPRE LO STILE, tutto e niente

Non so da quanto tempo ripeto che lo stile è tutto. Poi ho tentato di approfondire: che lo stile non è capitolo a sé, ma parte di un procedere collettivo, accompagnato da formazione, letture, strutture. Mi sono ripetuto un sacco di volte, e se questo scritto fosse di narrativa sarebbe un errore. Per fortuna non lo è. Sto qui a parlare, a filosofare, a cercare di spiegare e stimolare. Che altro? A passare il tempo in qualcosa che mi piace… Se siete arrivati qua avrete capito che posso rinunciare a tutto, fuorché a fare il verso a me stesso, a prendermi in giro. Me, non voi.

Mi sono stancato e ho sete. Ho appena fatto rifornimento al Birrificio Sant’Andrea di Vercelli, ne ho il frigorifero pieno, di birre, e sono indeciso. La Moskito è il miglior dissetante che conosca. La Blitz è il massimo, ibu a 95. Ci penso e trovo la soluzione. Una Moskito per soddisfare la sete di narrazione, una Blitz per andare a fondo, a scoprire ciò che credevo impossibile.

Continua il 7 settembre

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.

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Mi è bastata una foto per innamorarmi e capire il rugby da spettatore, Jacques Fouroux, un metro e sessanta, un piccolo caporale, come veniva chiamato, in mezzo a quei giganti, e tutti con il capo chino, e lui a rimproverarli come scolaretti, a comandarli, a incitarli. Che meraviglia comprendere la vita così, senza leggere trattati filosofici, né versi stucchevoli, e nemmeno romanzi introspettivi, oppure leggere tutto ciò e ammettere con umiltà che il coraggio di un piccolo grande uomo esprime questo e altro, che lo sport è arte, e permettetemi, il rugby più di ogni altro, e dovendo scegliere un simbolo io penso a lui, a uno che non fa distinguo fra sentimento e ragione e ci mette tutto sé stesso… E Jacques Fouroux nel campionato di Francia scrisse solo brevi racconti, roba da appendice letteraria, i romanzi li consegnò direttamente alla Nazionale francese, da capitano prima e allenatore poi, e sempre quell’immagine con lui piccolo grande uomo in mezzo a quei giganti a capo chino… e il gioco della vita è descritto bene da Benedetto Croce nel suo Breviario di Estetica quando dice che l’opera d’arte apre spiragli attraverso cui guardare, l’artista promuove questo e lo spettatore ne usufruisce andando oltre, con la sua interpretazione… E l’imprevedibile ovale esce da quella mischia nella quale tutto è avvenuto, ma solo chi c’era dentro sa davvero che cosa è successo, lo spirito supera ogni cedimento, e Jacques mette la mano dove altri non osano e poi si distende, vola a filo d’erba come un cormorano sull’acqua, e plana nel fango, o sulla terra dura, e subito si rialza a sostenere l’azione, immagini e parole, note musicali e silenzi, colori e bianchi neri, ognuno di noi attraverso quegli spiragli ha visioni e conquiste proprie, e della vita si fa un’idea.

Continua il 31 agosto

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RUGBY E ROMANZO, connessioni

Amo il rugby, più di qualsiasi altro sport di squadra, per i valori che esprime. Siamo in tanti, tifosi per questi motivi. La maggior parte però del pubblico che segue gli eventi sportivi non lo conosce e ignora le regole. Non ve le spiegherò. Le accennerò solo per sostenere il paragone, utile al nostro romanzo.

Oggi c’è Francia-Italia, accendiamo il televisore. Notiamo che spesso i giocatori sono in una mischia, otto francesi che spingono da una parte e otto italiani dall’altra. Non c’è spettacolo. Che cosa succede la sotto? Lo sanno solo loro, i sedici giocatori coinvolti, e noi non capiamo.

Poi la palla ovale esce da quella mischia e, anche per chi non ci capisce niente e non sa le regole, inizia lo spettacolo, rugby champagne. Un giocatore prende la palla, evita due avversari, ma non ce la fa ad andare avanti da solo. La palla per regolamento deve essere passata indietro, e così c’è un compagno a sostenere l’azione. Se non c’è, l’azione finisce lì.

La stessa cosa per le pagine che stiamo scrivendo. Un personaggio porta avanti la narrazione, ma la meta è lontana e non ce la fa da solo. Ha bisogno di altri personaggi, di descrizioni, dialoghi. Le pagine in questo modo procedono, a volte rapide, altre faticose. Insieme, vogliono diventare romanzo.

E quella mischia dove non c’era spettacolo? Tutto è nato là sotto, la fonte del gioco. È la nostra idea, che vuole esprimersi. Se vogliamo giocare il gioco della vita, l’energia compressa nel nostro cuore e nella nostra mente deve trovare il modo per venir fuori. Altrimenti rimarrà là sotto, inespressa.

Ecco che la palla esce, è ovale, quando rimbalza sulle pagine bianche è imprevedibile. Come la vita. I fogli si riempiono di parole, e corrono veloci.

Continua il 3 agosto

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L’incipit degli incipit

Ci stiamo presentando e lo dobbiamo fare nel modo giusto. Se andiamo a un colloquio di lavoro pensiamo a come vestirci. Seguiremo le formalità o vogliamo da subito essere noi stessi? Se andiamo a un party presentandoci con i bermuda e a piedi scalzi colpiremo l’attenzione degli invitati oppure faremo la figura dei cretini? E se ci facciamo tante domande per così poco perché non dobbiamo pensare a come presentare fin dall’inizio il nostro lavoro creativo?

Di getto, oppure prima ponderiamo bene la situazione, ma come al solito ci torniamo sopra e analizziamo. L’incipit trascina il lettore. Magari l’abbiamo azzeccato al primo colpo, magari ne proviamo trenta. Pensate al mio amico giornalista e al suo cestino pieno di fogli accartocciati.

Era una bella giornata di sole, come incipit, non va bene, è il più comune dei luoghi comuni. Il divieto è però così categorico? Non ci sono obblighi nella scrittura, ma solo indicazioni. La fantasia di uno scrittore supera ogni ostacolo.

Andate a leggere l’incipit dell’Uomo senza qualità di Musil. In pratica scrive Era una bella giornata di sole, ma lo fa in un modo che possiamo dire geniale. Scherza e prende in giro, trasforma. Se poi pensiamo alla cattedrale che si appresta a scrivere, di nuovo lo trovo geniale per aver iniziato un lavoro di grande impegno, che si propone di scavare nell’animo umano, con il più banale degli incipit, la famosa bella giornata di sole. Se abbiamo bisogno di esempi guardiamo in alto.

Continua il 27 luglio

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