I caccia si rincorrono e si sfuggono tra virate e cabrate. Mitraglia puntata, giro della morte e via. Alle spalle una scia di fumo. Abbattuto! Non sempre il nemico muore. Forati a più riprese i serbatoi, il nostro Cavallino rampante costringe un pilota rivale a scendere. Anche il vincitore atterra e gli si pone accanto. È un segno di rispetto. Si sincera che sia illeso e gli stringe la mano. Coglie l’espressione avvilita e gli fa coraggio. È un giovane austriaco che porta sull’uniforme azzurra la Croce di Guerra e la Medaglia al Valore.
“Me le sono guadagnate in Russia”, dice con orgoglio in un italiano dal forte accento tedesco. “Qui non sono riuscito a sfuggire alla sua caccia. Complimenti HerBaraka”. La voce rotta dalla stanchezza e dall’umiliazione.
“Sei fortunato, per te la guerra è finita. Tornerai a casa dalla tua famiglia”, lo conforta l’Asso italiano. “Meglio morto”, risponde l’altro, “con onore, in battaglia, abbattuto da lei, non salvato”. Impugna la pistola. Francesco deglutisce. Nell’aria la paura lascia il posto alla baldanza. Ma qui, con i piedi a terra, la morte sembra più vicina. Non è preparato. L’austriaco capisce.
“Un difensore della Patria non deve avere paura” gli dice. Lo guarda negli occhi e in un attimo una scia di sangue e cervello sporca il cavallino nero. Il corpo cade scomposto, gli occhi sbarrati. Baracca è stordito. Stringe i pugni. Poi sfila il guanto dalla mano destra e abbassa le palpebre dell’aviatore.
Rulla di nuovo il motore, dà gas, l’apparecchio prende velocità. Passione, genio, follia, come aveva detto suo padre. “Un difensore della Patria, non deve avere paura”, ripete. Non gli importa più nulla. Accada quel che deve accadere. A volo radente scende con il suo Spad S.VII in appoggio ai nostri fanti, esposto al tiro dei soldati nemici.
Francesco Baracca 9 maggio 1888 / 19 giugno 1918
Racconto di Anna Rosa Confalonieri, illustrazione di Alda M.C. Torri
Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)
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