Di Anna Di Narda
La maniglia girò lentamente senza fare rumore, la porta d’ingresso si schiuse lasciando fuori la notte giovane e argentata. Mi infilai nell’ ingresso odoroso di fumo come un fantasma, una creatura angosciata che voleva nascondersi. Puzzavo di vomito e vergogna. Non so se quest’ultima abbia veramente un odore, non lo saprò mai, ma io me la sentivo addosso: qualcosa di dolciastro e acre al tempo stesso! Ti vidi riflessa nello specchio vicino alla porta del bagno. Non mi colpì solo l’innaturalezza della tua posizione, qualcosa brillava alla luce gialla dell’abat-jour. Una lacrima si faceva strada, piccola e luminosa, là dove le ciglia si diradano e lo smeraldo dei tuoi occhi si accende. L’immagine mi si stampò in fondo alla cornea, attraversò il nervo ottico e si riprodusse nel mio cervello: fu come ricevere un pugno diritto nello stomaco, un colpo basso inatteso, una realtà che volevo dimenticare, stordendomi di fumo e alcool. Da maledetto giocatore d’azzardo incallito, per quattro assi avevo venduto tutto: la mia casa, il mio matrimonio, la mia vita. Mi ero umiliato elemosinando soldi, costringendoti a fare più lavori per pagare l’affitto. Tu, che non meritavi uno come me, incapace di vincere la sua ingorda speranza! Perché in fondo noi non facciamo altro che credere che la prossima volta andrà bene, che non è possibile che vada ancora male. L’attesa, è il tormento più grande. Non t’importa neppure che carte usciranno nella prossima mano, se tu chiuderai una volta per tutte i sospesi. No! Nella tua mente sei impegnato a pensare dove trovare altri soldi, dove giocarli e con chi!”. “Vale ancora la pena di vivere? Che domande ti fai Gino, certo che vale – mi risposi senza pensarci su. “Ma c’è qualcosa di strano! Giada è troppo tranquilla, non ha alzato lo sguardo pur avendoti sentito – continuai a dirmi. Ero sicuro di questo ci avrei scommesso una mano a poker persino! Ma non avevo più nulla da dare in pegno, nulla! Mi ero giocato la nostra utilitaria il giorno prima e quella sera chiesto un prestito al “Nero” un personaggio che speculava sulle dipendenze altrui. “Cinquecento euro e a fine serata te ne do mille”! – lo avevo supplicato a lungo. E lui a non crederci e io a promettere, a dare il mio indirizzo di casa, a giurare che mia moglie aveva i soldi nel cassetto, lo stipendio appena riscosso! Neppure i vermi strisciano così in basso. L’ho fatto e all’una di notte ero fuori dal “Chris” disperato che piangevo come da bambino quando vedevo mio padre lanciare piatti e stoviglie, assestare due sberle a mamma e a me e poi sbattere la porta di casa diretto al pub. “Non diventerò mai come lui” – avevo giurato a me stesso! Sulla soglia della camera, i capelli appiccicati al viso, ti guardai. Fu allora che mi accorsi di cosa nascondevi nell’incavo fiorato del copriletto, tra le ginocchia: la mia berretta di guardia giurata, per anni custodita in cassaforte era tra le tue mani, puntata verso me. Sorrisi, alzai le braccia quasi a schernirti, ma tu non dicesti nulla. Silenzio… e solo quel clic, un piccolo rumore a finire la mia vita all’improvviso, come quando nei film appare la scritta “End” mentre ci aspettiamo una spiegazione, un chiarimento, vogliamo ancora capire. “Non che non me lo fossi meritato!” – pensai e negli occhi mi rimase quell’ultima immagine: un grande squarcio attraversava il cassetto bianco accanto al letto, come se qualcuno con forza lo avesse sfondato!
Anna Di Narda, impegnata nel sociale e innamorata del suo Friuli e dell’Italia, scrive in italiano e in friulano. Ha pubblicato poesie e racconti, e il suo primo romanzo “Storie ordinarie di donne straordinarie” nelle Edizioni La Gru. Ultimamente “I colori del tuo amore”.
Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)
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