11 maggio, finale di coppa, capolinea di una storia d’amore.
Catenina fuori della maglietta e sorriso da divo, l’Uomo Ragno scende in campo da titolare per l’ultima volta.
La tensione è palpabile: la stagione è stata fallimentare e lui ha contribuito a renderla più angosciosa, un errore dopo l’altro.
Non avrà un’altra occasione per riscattarsi.
Rimugina su quel soprannome; Uomo Ragno lo chiamavano i tifosi della prima ora, ai quali regalava i voli straordinari che lo avevano portato nel calcio che conta.
Dopo l’approdo in prima squadra è diventato il suo marchio di fabbrica.
A trentacinque anni però s’è fatto vecchio per quel mestiere; meglio tirarsi da parte allora, come ha lasciato intendere il nuovo allenatore e gli hanno urlato i tifosi durante una contestazione.
Giorni prima un ex compagno l’ha chiamato: ti hanno fatto fuori, la prossima stagione giocherai con noi.
Credeva di avere ancora qualche chance di concludere la sua carriera in bellezza, invece l’avevano già scaricato.
L’avrebbero girato a una squadra minore in cambio del loro giovane e promettente numero uno.
Infedele per indole, i tredici annitrascorsi con quei colori sono stati la sua relazione più duratura e proprio non ci sta a farsi piantare a quel modo.
Si parte dallo 0-1 dell’andata in favore dei padroni di casa.
Primi trenta di gioco senza storia, i suoi compagni fanno la gara, ma si divorano tre occasioni clamorose per passare in vantaggio.
Nel calcio c’è un detto a proposito di gol sbagliati che è senza appello.
Dopo l’ennesima occasione sprecata, una palla persa innesca il contropiede degli avversari.
Sono una formazione di outsider e per molti di loro questa finale è l’occasione della carriera: non faranno sconti pur di aggiudicarsela.
Il rasoterra sbuca da una selva di gambe, l’Uomo Ragno si distende e l’agguanta.
Non passa un minuto, altro tiro violento da fuori e con i pugni la devia in calcio d’angolo.
La squadra di casa sbanda, si aggrappa al suo baluardo per non capitolare.
L’ultimo assalto degli ospiti sembra irresistibile, ma la sorte deve ancora vedersela con lui.
Si supera, raggiunge la palla con la punta delle dita, palo! doppio palo!, e la sfera torna salda fra le sue braccia.
Il pubblico è in delirio.
Rinvia lungo per un compagno sulla sinistra; quello arpiona la palla, entra in area e fredda il portiere con un pallonetto: 1-0.
Fischio finale, lo stadio esplode; l’Uomo Ragno corre con le braccia alzate verso la curva che lo osanna. Spavaldo e presuntuoso, sempre stato così.
Un Uomo Ragno, c’è solo un Uomo Ragno…cantano imperituro amore i tifosi.
È il suo risarcimento.
Un cronista lo rincorre: dicono sia la tua ultima partita
Ma chissenefrega!
risponde divertito.

di Daniele Bin, illustrazione di Alda M.C. Torri

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)


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