Di Gianfranco Casadei.

La sirena sega l’aria. Sorpresi, i pochi passanti si allarmano agli improvvisi colpi dell’artiglieria antiaerea che rivelano l’imminente sopraggiungere dei bombardieri. Neppure l’elemosina dei pochi spiccioli di tempo concessi di solito per cercare riparo.

Maria non è pratica di quella parte di città. Si guarda attorno smarrita. La mano che si era ritrovata aggrappata ai capelli la lascia scivolare sino al collo. Catenina e santa medaglietta sono al loro posto. Trascina il suo bambinetto quasi fosse una sporta al braccio. Gli altri, sino a poco prima sulla sua stessa strada, sono svaniti in tane a loro soli note, senza che lei sia riuscita a seguirli. Ognuno per sé.

Il passo si affretta in corsa verso una chiesa. Ha il portone serrato. Stringe forte la mano del piccolo e con l’altra batte il pugno sul legno fino a farsi male. Nessuno ad aprire, nessuno. Anche così questo portale, con la sua imponente cornice di pietra, promette una qualche protezione. Maria stipa il bambino nell’angolo tra il portone e la pietra. Gli dà le spalle, si accuccia e gli fa scudo col corpo premendo più che può contro quello del figlio, offrendo il petto allo spazio aperto della via. Se ci sarà da correre potrà capire al volo in quale direzione.

Lo sconquasso delle bombe sembra svolgersi non troppo vicino. Solo qualche esplosione le fa tremare la terra sotto i piedi. Nell’aria passano sbuffi rabbiosi di polvere e calcinacci. Dietro di sé un violento boato col suo rude scossone. Qualche maceria precipita dal fronte della chiesa proprio ai suoi piedi. Una fortuna averla trovata chiusa.

Allo spegnersi del caos gli echi di quel frastuono si ostinano ad affollarle le orecchie.

Finalmente silenzio. Silenzio che in tempo di guerra sembra quasi la pace. Maria attende un po’ prima di credere che tutto, almeno per ora, sia davvero terminato. Aggiusta alla meglio per il figlio una coperta di rassicurazioni ma non osa staccarsi dalla sua posizione, il sostegno di quel contatto schiena a schiena, così aderente al suo bambino, sta confortando anche lei.

Allunga lo sguardo verso il cielo e nelle due direzioni della strada. Tutto tranquillo. Si gira verso il piccolo, è stato proprio bravo, irrequieto com’è, a restare così buono e in silenzio, fermo.

Immobile. Inchiodato da una scheggia volata dall’interno della chiesa a schiantarsi contro il portone. Capace di trafiggerne il legno massiccio. Capace di trafiggere la carne di un bambino.

Gianfranco Casadei. Architetto urbanista ed esperto di turismo, da sempre coltiva l’amore per lo scrivere, specialmente la divulgazione storica “Guida all’architettura del ventennio” per Legambiente-ER e la narrativa “A noi toccò la guerra” per l’ANMIG di Ravenna. (Presente in antologia anche con vignetta).

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI DI GUERRA E PACE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)


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