di Gianmarco Pellattiero

È una storia speciale quella che mi appresto a raccontare, fatta di angoscia, speranza e stupore.

Lucia, cinque anni, è ricoverata all’ospedale Gaslini di Genova, noto per la competenza dei suoi operatori sanitari. Eppure, la capacità professionale è inutile se il fondo del baratro è vicino e un sorriso è più efficace di un farmaco costoso. Certo, un tumore non può essere sconfitto da una manciata di legumi, ma a Natale, credetemi, tutto può succedere.

La sera del 18 dicembre Babbo Natale entra nella stanza di Lucia; la sua presenza è davvero insolita, dato che al 25 mancano ancora molti giorni. Sarà uno dei numerosi volontari presenti nei reparti, pensano i genitori della bambina. Ma le stranezze non finiscono qui, perché l’uomo vestito di rosso e con la barba bianca, non porta a Lucia dei pacchi, bensì sette fagioli, ognuno appoggiato su una base di cotone idrofilo, all’interno di un vasetto.

«Cara Lucia, ho bisogno del tuo aiuto. Ti chiedo di annaffiare i fagioli tutte le mattine e mentre li bagni immagina sette abeti, addobbati con dei festoni stupendi e tante luci colorate. Se esaudirai la mia richiesta, la mattina di Natale avrai una meravigliosa sorpresa: durante la notte verrà un folletto a prenderli e li pianterà nel terreno a lato dell’edificio. E vedrai, ogni tuo desiderio si realizzerà.»

La bambina, estasiata dalla presenza di Babbo Natale, annuisce, mentre lo vede uscire dalla stanza. Un sorriso illumina il suo viso, è la prima volta dopo tanti mesi di sofferenza. La settimana passa veloce, le crisi sono sempre più frequenti. Per i medici la fine è vicina. Nel frattempo, grazie allo zelo di Lucia, sono nati dei bellissimi germogli.

È la mattina di Natale, la flebile voce della figlia attira l’attenzione dei genitori. I vasetti contenenti i fagioli sono spariti! Lucia chiede di alzare la tapparella. Grande è il suo stupore nel vedere sette abeti, illuminati e addobbati, proprio come li aveva immaginati. Babbo Natale ha mantenuto la sua promessa.

Sono passati ormai 40 anni; i genitori della bambina conservano nei loro cuori il ricordo del miracolo avvenuto in ospedale. E sorridono quando, nell’ultima settimana di avvento, vedono i nipoti preparare sette vasetti, contenenti altrettanti fagioli, che il 25 dicembre saranno piantati nel terreno da un folletto di nome Lucia.

Ovunque i bambini e gli adulti crederanno alle mie promesse, il seme della speranza genererà tanti alberi magici e prodigi inspiegabili. Parola di Babbo Natale.

Gianmarco Pellattiero vive a Malnate. Nel suo repertorio sono presenti numerosi racconti brevi, poesie, monologhi teatrali e alcuni romanzi, tra cui “E mi ritrovai a Malnate” del 2021 e “Cloe e l’enneagramma d’Oro” del 2022.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) ALBERI DAL MONDO ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

di Gianmarco Pellattiero

Agata Battaglin, nata il 30 novembre 1927 e morta il 28 aprile 1945. Fisso una delle tante lapidi della Seconda guerra mondiale, presenti nel cimitero. Il loro numero supera quello delle persone sepolte negli ultimi settant’anni. Un anziano si avvicina; stringe, fra le sue mani, una peonia. Fatica a camminare, si appoggia a un bastone.

“Mi scusi.” Mi sposto di lato. L’uomo infila il gambo nel vaso contenente altri fiori.

“È una sua parente?” L’uomo sospira ma non risponde. Si protrae con il corpo in avanti e bacia la foto, ormai sbiadita. Lo aiuto a rialzarsi. Lo osservo con attenzione: è più alto di me, nonostante la schiena presenti una evidente scoliosi.

“È tutta colpa mia.” Scorgo alcune lacrime correre lungo il viso, cesellato dalle rughe e dalla sofferenza. Provo un senso di disagio.

“Le chiedo scusa, non volevo metterla in imbarazzo.”

“Non ho mai confessato il mio peccato, nemmeno al prete. Sento che è il momento giusto. Con un forestiero sarà meno complicato.”

Non so cosa rispondere. Annuisco.

“Era il 28 aprile 1945, gli americani avanzavano e i tedeschi fuggivano. Ero un partigiano e con i miei compagni abbiamo fermato undici nazisti. Si sono arresi senza combattere, ma la nostra sete di vendetta ha prevalso sulla giustizia. Si chiederà cosa c’entra Agata. Lei, povera stella, ha cercato di difendere August, uno dei soldati pronti per la fucilazione. In ginocchio, ha abbracciato le sue gambe e continuato a ripetere: vi prego, lui no, è diverso, non sparate. Ho osservato la scena senza intervenire e uno dei proiettili ha colpito la ragazza. Da quel momento è iniziato il mio calvario.”

Piange il partigiano. Piange l’essere umano. Si appoggia a me. Lo sorreggo.

Vorrei consolarlo, dirgli che è meritevole del perdono di Agata e dei suoi familiari. Le mie parole si bloccano in gola; in fondo sono soltanto uno sconosciuto, un curioso, un turista. Ebbene sì, sono un turista di mezza età che visita i cimiteri, noncurante della sacralità dei luoghi e delle storie intrise di sofferenza e di sangue, che si celano dietro a ogni nome e a ogni lapide. Viste le precarie condizioni dell’anziano, mi offro di accompagnarlo a casa con la mia auto. Arrivati a destinazione l’uomo apre la portiera, cammina incerto per qualche metro, infine ritorna sui suoi passi e mi invita ad abbassare il finestrino.

“Non le ho detto la cosa più importante. Agata è mia sorella. È morta per amore, si è dimostrata più coraggiosa di me.” Vedo la porta chiudersi dietro l’anziano. Per lui la guerra non è mai terminata. Riuscirà a firmare l’armistizio con sé stesso e morire in pace?

Gianmarco Pellattiero vive a Malnate. Nel suo repertorio sono presenti numerosi racconti brevi, poesie, monologhi teatrali e alcuni romanzi, tra cui “E mi ritrovai a Malnate” del 2021 e “Cloe e l’enneagramma d’0ro” del 2022.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI DI GUERRA E DI PACE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

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Di Gianmarco Pellattiero

Oblast di Kharkiv. Un colpo di obice colpisce una jeep con a bordo quattro giovani militari ucraini. Il caporale Artur è a terra, stordito dalla deflagrazione ma incolume. La scena che si presenta davanti ai soccorritori è drammatica: tre vittime e l’inizio di un incubo per le rispettive famiglie.

Inerme su un lettino il sopravvissuto fissa il vuoto. Vicino a lui un altro soldato geme di dolore, il giorno precedente ha subito l’amputazione di una gamba. Roman, Taras, Victor, come un mantra Artur ripete dentro di sé i nomi dei compagni deceduti. Roman, Taras, Victor, nella sua testa esiste un solo e paranoico pensiero: la vendetta.

È ormai notte, dopo avere recuperato la carabina il caporale si mette in marcia verso il fronte. Roman, Taras, Victor, il frastuono dei nomi è più assordante delle bombe. Il terreno è umido, le scarpe affondano. Nonostante le difficoltà arriva in prossimità della linea nemica. Gli ultimi cento metri sono i più pericolosi. Compie un’azione di aggiramento, striscia come un serpente e si muove come un felino. Roman, Taras, Victor. È la resa dei conti.

Artur è immobile, osserva il militare di guardia in prossimità dell’obice.

Ancora pochi metri. Paura. Rabbia. Follia.

La canna della carabina preme sulla guancia del soldato russo, il caporale desidera guardarlo negli occhi prima di eseguire la sentenza. Una cicatrice sullo zigomo attira la sua attenzione. Un’espressione di stupore ne illumina il viso.

Un brivido sconvolge i due uomini.

Boris?

Artur?

Il silenzio bombarda i loro cuori.

Stessa scuola. Stessa classe. L’adolescenza sconvolta dalla forza dell’attrazione. Timidi baci conservati fra i ricordi più intimi. Poi la separazione a causa del trasloco, a Donetsk, deciso dai genitori di Boris, capolinea di un legame spesso soffocato dalla vergogna.

Una lacrima compare sul viso di Artur; due, cinque, dieci… testimoniano la bellezza e l’immortalità della loro storia di amore, fatta di sussurri e parole non dette.

Le armi scivolano al suolo. I corpi si incontrano, si attraggono, si esplorano. 

Una voce ostile interrompe l’idillio, un soldato russo punta il kalashnikov contro di loro. Uno sguardo di intesa è sufficiente, come sui banchi di scuola. Boris e Artur escono dalla trincea, mano nella mano, noncuranti del pericolo.

Un colpo di avvertimento risuona nell’aria. Minacce. Insulti.

Il dito pronto sul grilletto.

Un boato. L’artiglieria pesante ucraina colpisce l’obice.

Fuoco. Devastazione. Morte. Due anime si allontanano felici. È l’alba di un nuovo giorno.

Gianmarco Pellattiero vive a Malnate. Nel suo repertorio sono presenti numerosi racconti brevi, poesie, monologhi teatrali e alcuni romanzi, tra cui “E mi ritrovai a Malnate” del 2021 e “Cloe e l’enneagramma d’0ro” del 2022.

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