Di Giuseppe Geneletti
Israele ha uno dei sistemi di intelligence più avanzati al mondo. Come è possibile che sia stato sorpreso dall’attacco di Hamas con una dimensione mai vista prima? Essendo la narrativa il primo obiettivo militare dei tempi moderni, sembra che il vero scopo dell’attacco terroristico di Hamas sia infrangere il mito della supposta invincibilità israeliana. Data l’infinita disparità di forze in campo, anche un esito limitato può essere considerato un successo capace di infiammare le velleità e il sostegno degli attori geopolitici ostili ad Israele.
Israele ha visibilità ovunque nel mondo e si muove per proteggere i propri civili e interessi. Ma ha un buco nero, la Striscia di Gaza. La più grande “prigione” del mondo, un rettangolo costiero di 360 chilometri quadrati (il doppio del comune di Milano), è abitata da 2 milioni di persone e completamente controllata da Hamas. È il braccio palestinese dei Fratelli Musulmani, un’organizzazione fondamentalista araba presente in vari Paesi, che si propone di combattere Israele con attentati terroristici.
La striscia è una spina conficcata nella parte sudoccidentale di Israele, come, paradossalmente, Israele è un cuneo della civiltà occidentale nel cuore del mondo arabo. Israele controlla lo spazio aereo e i confini marini e terrestri della striscia (tranne per il tratto egiziano), isolandola dal resto del mondo. La permeabilità della Striscia non è, però, zero. In superficie, ogni giorno migliaia di palestinesi vanno a lavorare in Israele e gli aiuti umanitari fluiscono dentro i territori. Sotto la superficie, inoltre, una rete di cunicoli collega internamente la striscia, estendendosi sotto il territorio dello stato ebraico. Sono strutture che hanno origine negli anni ’80 per facilitare i traffici illeciti e superare i vincoli dell’asfissiante controllo militare israeliano.
I tunnel hanno giocato un ruolo importante nell’effetto sorpresa dell’attacco dell’7 ottobre, fornendo basi logistiche per occultare la gran quantità di missili e gli spostamenti delle milizie. Pur essendo noti e sorvegliati da tempo, forse proprio per questo sono stati ritenuti non letali.
Due ricercatrici qualche anno fa analizzarono il fenomeno dei tunnel costruiti da Hamas per penetrare anche in territorio israeliano. Nicole Watkins e Alenia James hanno studiato lo sforzo sorprendente per realizzarli, concludendo: “Strutturalmente i tunnel sono ben costruiti e hanno permesso ad Hamas di portare a termine varie operazioni di attacco alle postazioni delle Forze di Difesa Israeliane.
L’idea che il gruppo sia stato capace di infliggere un danno, fisico, psicologico o politico, potrebbe essere considerato un successo”.
Israele non è stata a guardare. Come riporta Il Post: “Nel corso degli anni per Hamas divenne sempre più difficile costruire tunnel in territorio israeliano, anche perché Israele iniziò a progettare un muro sotterraneo, in cemento, per circondare la Striscia. Il muro è stato completato a marzo 2021: non si conosce la profondità esatta a cui arriva, ma i giornali israeliani hanno parlato di ‘decine di metri’. Israele sta inoltre costruendo ulteriori barriere in superficie lungo il percorso del muro sotterraneo, come una recinzione alta sei metri, che si estende per 65 chilometri”.
Tutto necessario e insufficiente. Mentre i servizi israeliani e italiani affondavano tragicamente lontano da casa nelle acque del lago Maggiore, brindando al successo di un’operazione anti-iraniana, lo Stato degli Ayatollah stava disegnando una micidiale mossa sullo scacchiere domestico.
Giuseppe Geneletti è un giornalista pubblicista, associato alla redazione di VareseNews.it. Esperto di cambiamento organizzativo e innovazione, pubblica settimanalmente su temi di attualità economica, sociale e di interesse locale.
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