di Mario Trapletti

Gli era capitata in mano per caso quella fotografia, riaffiorata da uno di quei buchi neri che divorano il passato. Non la vedeva da anni. Anni…? Decenni, quasi cinque: aveva vent’anni, all’epoca. Un po’ sbiadita, magari, ma ancora capace di imporsi all’attenzione.

Un primo piano di… di Laura. Il cognome non lo ricordava. La sua ragazza di allora. L’aveva scattata lui, la foto, quando si erano lasciati. Quando lui l’aveva lasciata.

Sfiorò il dolce, triste viso di lei per togliere un qualcosa che le si era depositato sulla guancia sinistra, poco sotto l’occhio. Non se ne andava. Mosso da un vago presentimento, afferrò la potente lente d’ingrandimento che stazionava sulla scrivania, e mise a fuoco l’imperfezione dell’immagine.

Altro che imperfezione! Guardò e riguardò, e non c’erano dubbi: l’istantanea aveva immortalato una lacrima.

Una lacrima…

La fissò intensamente, non seppe per quanto tempo; d’improvviso, si dilatò fino a raggiungere la consistenza di una sfera di cristallo. Che mostrava non il futuro, ma il passato. Si rivide, e si riascoltò, mentre pronunciava quelle frasi delle quali era convinto di aver perso il ricordo.

… perché io ti voglio bene, un bene da morire, ma non mi sento ancora pronto…

… sono giovane, voglio vivere, esplorare il mondo, ho paura che soffocherei chiuso nel bozzolo della vita di coppia…

… sei d’accordo anche tu, no, che la coppia è un po’ la tomba dell’amore… (aveva letto da qualche parte qualcosa del genere, più o meno. Era un periodo, quello, che se ne dicevan tante di cose così… maledetta ideologia)

… io con te sto bene, davvero, mi piaci, mi piace tutto di te, però… però… guarda che lo faccio anche per te, per non farti sentire troppo legata, per non limitare la tua libertà proprio adesso che ti stai aprendo al mondo…

… credimi, anche questa è una prova d’amore…

Le aveva pronunciate davvero quelle idiozie, e magari ci credeva pure.

La lacrima-sfera di cristallo gliele stava facendo scorrere davanti agli occhi dardeggianti di lampi incandescenti.  Pulsanti e dolorosi come i colpi di laser quando gli avevano saldato la retina.

Solo adesso capiva lo scemo che era stato, il tesoro che aveva gettato alle ortiche senza manco rendersene conto. Lei lo amava, e basta; le sue parole l’avevano ferita nel profondo, come adesso trafiggevano i suoi occhi.

Lo amava: quella lacrima, pur sola, era lì a testimoniarlo. E lui nemmeno l’aveva vista.

Adesso capiva; adesso che Laura era solo un refolo di memoria intriso di pungente, inutile rimorso.

… a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età…

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

di Rosella Bottallo

Usciamo da Bilancio familiare. Questi corsi per la terza età sono interessanti. Forse un po’ generici, ma non tutti hanno le competenze per approfondire, si sa. Mentre cammina Luisa caccia in borsa fogli e foglietti. Gliene cade uno. Lo raccolgo, glielo porgo. 

«Ah, Giulio, eri a lezione? Non ti avevo visto».

Figurarsi, sono sempre nei banchi davanti, ma non sto a smentirla. Devo sfruttare la buona occasione che mi ha offerto la sorte.

«Luisa, ti va un caffè? Così intanto potrei spiegarti quella storia del rating. Sono sicuro che ci hai capito poco, mentre io qualcosa ne mastico. Mi ero pure iscritto a Economia, una vita fa».

Sta per replicare, ma la prevengo:

«La lezione di Astronomia di oggi è stata cancellata, l’ho letto nel sito. Lo sai, no?»

Non è vero. Ma di sicuro lei non si è connessa stamattina. Non le do tempo di trovare scuse: «Andiamo da Sforza, si sta tranquilli».

Sforza ha i migliori cannoli della città; per arrivarci si attraversa il boschetto di betulle, così romantico, con quei primi fiori giallini. Amenti, si chiamano. Le proporrò una sosta sulla panchina nel boschetto, ben riparata da quella siepe che l’ultimo orizzonte il guardo esclude. Eh, l’immortale Leopardi.

Magari poi glielo cito.

La panchina è libera, Luisa si siede. Percepisco un’ansia leggera nel suo respiro. Sarà l’emozione per questo invito inaspet tato? L’agitazione per una intimità preannunciata? Al ritorno della gita in Val Camonica le avevo tenuto il posto vicino a me sul pullman, ma era stata intercettata dalle vedovelle giulive. Peccato: sulle incisioni rupestri avrei potuto darle quelle informazioni che la guida aveva omesso.

Sento il suo respiro farsi più affannoso. Le prenderei la mano, se non fosse che lei sta rovistando in borsa. Cerca i fazzoletti. Non li trova, per fortuna ne ho sempre una scorta. Glieli passo. Quando si gira verso di me vedo una lacrima tremolare sul ciglio, ingrandita dalle lenti. Non immaginavo di suscitare tanto turbamento. O è che si diventa più facili al pianto, invecchiando? La lacrima scivola sotto gli occhiali, scorre lentamente sulla guancia. Quella lacrima sul viso è un miracolo d’amore. Com’è vero, Bobby.

«Luisa, allora tu…»

Le prendo la mano? La abbraccio? Luisa rovista ancora in borsa, ne tira fuori uno spray che si infila nel naso, poi aziona la pompetta. Una, due, tre volte per narice. Si alza mentre lo ripone in borsa.

«È un antistaminico, sono allergica alle fioriture primaverili. Magari il rating me lo spieghi un’altra volta. Non vorrei perdere Astronomia: oggi parla di stelle giganti rosse». Si era connessa.

1° classificata nella sezione RACCONTI D’AMORE Rosella Bottallo. Pensionata di lungo corso, ex prof, che non lavora a maglia e non gioca a burraco, senza nipotini, occupa il tempo libero con letture disordinate e scrivendo racconti. L’attività che la gratifica di più però è insegnare l’italiano ai migranti.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

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