“Nonna perché le finestre di quella casetta sono sempre chiuse?” Sara è una ragazzina di tredici anni, molto curiosa. Seduta accanto alla sua dolce nonnina guarda in fondo alla strada. Le nubi grigie di un temporale in arrivo non le permettono di andare in cortile a giocare.
“Sai, in quella casetta viveva una bambina, ora non c’è più nessuno”.
“E perché?” l’innocente curiosità incalza.
Sara si siede in braccio alla nonna per ascoltare il racconto. “Una mattina quella bambina aprì una di quelle finestre, vide le nubi da temporale, come quelle di oggi, e la richiuse. A mezzogiorno erano ancora chiuse. Era molto strano perché la mamma si alzava sempre presto. Io e il nonno abitavamo già in questa casa, mi preoccupai e andai a controllare. Venne ad aprire la piccola, era sporca di sangue, non diceva niente. Entrai e le chiesi cos’era successo, mi prese per mano e mi portò in camera. La scena che vidi era un orrore. Sangue ovunque e i suoi genitori nel letto, morti. Chiamai la polizia, mi fecero molte domande, raccontai quello che sapevo, la mia preoccupazione per le finestre chiuse e come si era presentata la piccola alla porta. La bambina non parlava, lo shock fu tale che rimase muta per molti mesi. Fu affidata a una coppia di sposini, le diedero tanto amore e l’aiuto di cui aveva bisogno. La polizia continuò le indagini, tutti i giorni erano in quella casa per fare rilievi. Trovarono solo lenzuola sporche in modo strano. La piccola era seguita da una psicologa che sperimentò varie terapie, senza successo. Infine tentò con l’ipnosi. Le fece rivivere quella notte e stavolta riuscì. Aveva visto e rimosso tutto. Lo zio Adam, il fratello della mamma, aveva problemi di mente, quella sera era agitato in modo particolare. Aveva rinchiuso in camera da letto i genitori della piccola, picchiati a morte con un bastone e l’aveva obbligata a guardare. Poi li aveva stesi sul letto facendosi aiutare dalla bambina. Le lenzuola erano rimaste candide, tranne dove appoggiavano i corpi. Fece sedere la piccola e le vietò di muoversi, minacciandola di farle lo stesso, lui era in cucina e la vedeva…. “.
“Nonna come sta adesso quella bambina?” Sara era stufa di ascoltare, voleva arrivare alla fine. In quel momento entra la mamma di Sara che le corre incontro per abbracciarla e darle un bacio. “Allora nonna continua, come sta?” Insiste Sara.
La nonna sorride: “Tu che ne dici? La stai abbracciando…”

di Laura De Filippo, illustrazione di Letizia Ghirotto

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)


IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

…luci, un filo di led appuntati su un telo nero. Se le guardi accese dall’altro lato del telo, vedi un cielo illuminato di stelle… il consiglio del nostro regista per la scenografia. La riunione della mia compagnia teatrale era convocata per il venerdì sera che precedeva la prova generale dello spettacolo. Mancavano gli ultimi dettagli: gli accessori, i giochi di luci.
Speravamo in un incontro breve per poi andare a ballare. La scena madre dell’opera era ambientata nel bosco. Sotto le stelle, tra gli alberi.
Arrivai a teatro, era tutto spento tranne l’occhio di bue, il faro segui-persona, che illuminava il centro del palco. Due attori accasciati uno accanto all’altro, pensai che stessero provando. Non feci rumore, non li salutai nemmeno. Mi sedetti in prima fila e aspettai.
Sul palco: il cielo illuminato, gli alberi distanziati per lasciare la possibilità ai ballerini di muoversi. I due erano immobili. Mi alzai in piedi. Occhi spalancati verso quel cielo scenografico. Si tenevano per mano. Dustin, il protagonista della storia, con una mano stringeva quella di Carol, con l’altra una stella filante turchese, così sembrava. Entrò Jacob, il regista: “Ciao a tutti. Forza decidiamo in fretta, e andiamo a ballare.” Poi, osservando il palcoscenico, si bloccò estasiato: “Che meraviglia! Il cielo sembra vero. Un bravo agli scenografi.” E batté le mani.
Intanto io ero salita sul palco. Non so come mi controllai. La scena non era finta. Il cielo che si vedeva non era da palco, il retro del teatro era crollato. Quelle stelle erano vere. Il bosco era vero. Anche Dustin e Carol, nella loro immobilità, erano veri, con un buco in mezzo alla fronte e il sangue che era colato di fianco. Da sotto non si capiva. La striscia di carta in mano a Dustin era un pezzo di stoffa turchese.
Jacob chiamò la polizia e dopo pochi minuti arrivarono quattro agenti in divisa con un uomo in manette. Era Michael, il nostro costumista, attore mancato, la sua giacca turchese era strappata. Capii tutto. Mi avventai contro di lui, fui bloccata da un agente. Perché? Perché? Michael si tirò dritto con il busto, alzò il mento con sfrontatezza: “Io sono la stella di questo spettacolo, non loro.” Sogghignò, guardò i due corpi con disprezzo, e a voce alta declamò: “Ora si accontenteranno di guardarle le stelle. L’unica che brilla qui dentro sono IO!”.
La polizia lo aveva fermato per un controllo ordinario, aveva notato la giacca strappata e lo sguardo allucinato. Gli avevano chiesto spiegazioni e lui si era messo a recitare.

di Laura De Filippo, illustrazione di Letizia Ghirotto

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)


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