I PERSONAGGI, crearli è un divertimento

Per quanto incredibile sia, c’è gente che scrive un racconto senza metterci un personaggio, o quasi, a stento lo accenna, impalpabile figura di contorno. Potrei fare tanti esempi, e ne riporto uno che conosco bene: il mio.

Volevo scrivere un racconto per dimostrare che ogni giorno è diverso dall’altro. Dopo una decina di versioni ero a metà e mi contorcevo ancora su me stesso. Correvo dietro al concetto che volevo esprimere, e ci giravo attorno. Non stavo in sostanza scrivendo un racconto.

La pessima pagina che avevo finora partorito forse era un saggio, ma nemmeno, perché io ero partito per scrivere un racconto, e non un saggio. Volevo sostenere la mia idea grazie a una narrazione leggera, ma pungente. Dopo tanto penare, ho capito che dovevo metterci un personaggio, e mi è venuta in mente la ragazza dai capelli verdi (*) che avevo visto il giorno prima alla stazione. In verità non aveva i capelli verdi. Le ho messo un piercing al labbro, i capelli appunto verdi, i jeans stracci, così si contrapponeva all’io narrante che passava le sue giornate monotone in ufficio nell’attesa delle ferie, o dell’uscita del lavoro alla sera per cercare di vivere una vita ormai compromessa dall’abulia e dal troppo tempo sprecato.

Nella seconda parte ho avuto l’idea di mettere una ferita segreta sull’addome della ragazza, perché lei veniva da una guerra di un paese vicino, e così ho aumentato il divario fra i due, tanto che quel cretino dell’io narrante alla fine capisce che i giorni non sono tutti uguali, ma piuttosto tutti da vivere.

E di casi come il mio ne ho trovati tanti nei piacevoli mercoledì sera prima, divenuti poi sabati pomeriggio, trascorsi a leggere i racconti dei corsisti. Di chi partiva per sostenere un’idea e alla fine non aveva scritto un racconto, ma solo una serie di considerazioni. Insieme ci siamo divertiti a costruire personaggi veri, in carne e ossa, che mostravano con la loro presenza nella storia quell’enunciato che spesso era scritto nelle prime due righe.


Continua il 10 febbraio

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.

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Chi si ferma è perduto! gridano i tenenti. Chi si ferma è perduto! ripetono i sergenti.
Cammino un giorno intero. Sono stanco, ho fame, ho sonno. Fiume ghiacciato. Terreno ghiacciato. Nevica, e la neve si accumula. Un passo dopo l’altro, e con la neve fresca il passo è più pesante. Ho fame. Ho sonno. Voglia di buttarmi in questa morbidezza, e dormire. Per sempre. Addio, mondo fasullo. Mi hai ingannato, e io c’ho creduto. Ho creduto all’amore. È finita, prima di cominciare. Papà, mamma, fratelli, sorelle. Amici. Mi ricorderete. Quella volta in cui. Olga, in un solo giorno ti ho dimenticata. Non sono più un uomo. Cammino e cammino. Ti prometto, però. L’ultima immagine sarai tu. L’amore. Cammino e cammino, cammino. Laggiù una luce, un’isba. Devo arrivarci. Devo. Salvo la vita. Non è la mia terra. Ho lasciato a casa l’amore perché avevo un dovere da compiere. Adesso l’ho compiuto, ci sono passato dentro, al dovere. Ne sono uscito. Sono un uomo libero. Libero. Voglio solo amare.
Cammino cammino cammino. Chi si ferma è perduto. I russi attaccano, sparano. Oggi c’è il sole. Pallido, ha una faccia da funerale. Il nostro. È lì per vedere, per farci le condoglianze. E le pernacchie. Ride di noi, stupidi animali. Incontro alpini che hanno camminato avanti e adesso si sono afflosciati. Feriti, induriti dal freddo.
Uno è steso, rannicchiato. Un modo originale per trapassare. Un feto nella placenta. È già morto, e prega ancora. La morte ama tutti.
Un altro è in croce. Gli è venuto spontaneo stendersi come un Gesù Cristo. Non c’è Maddalena, non ci sono le pie donne, e chi passa capisce. La morte ama tutti.
Un alpino si è inginocchiato, e così è rimasto. Figurante di un presepe. Ma qui è il calvario. Dentro tutta la vita, da Betlemme alle Tre croci. La morte ama tutti.
Vedo il poeta Bernasconi Alvaro seduto nella neve. Alvaro, Alvaro. Non ce l’ha fatta. Gli è bastata una notte di gelo. C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico. La morte ama tutti.
Io no, resisto, e cammino. Vivo il doppio, come quel giorno che mi alzai con Olga nella mente. Io sono quello che morirà, e guardo i morti che camminano con me. Sono cosciente. Il soldato che racconta è un altro. Lui scrive nel vento, e consegna parole all’Infinito. Io ho lo zaino in spalla, il fucile a tracolla.

di Abramo Vane Pagina tratta da “Il soldato inutile” di Abramo Vane Edizioni Il cavedio 

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)


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L’IDEA, che affascina e trascina

Da dove nasce un romanzo? Da un’idea, stimolante e desiderosa di comunicare. Uno scrittore mi disse che lui pensava un titolo, e da lì partiva a scrivere. Sembra strano, ma è una prospettiva fattibile. Come lo sono tutte le altre.

Qualcuno ha già in mente la trama dall’inizio e addirittura i vari passaggi, qualcun altro solo una vaga idea che poi svilupperà procedendo di capitolo in capitolo. È questione di carattere, di predisposizione, di forma mentale, di educazione. Di destino, se come me pensate che nello sviluppo di una scrittura fra le righe possiamo intravedere qualcosa che è aldilà delle parole.

Da ribadire c’è solo che lo scrivere è un atto personale, personalissimo. Avremo riferimenti, magari dei maestri, ispiratori e guide, come Giotto ebbe Cimabue, ma sulla pagina bianca ci siamo noi, con tutto il nostro modo di essere e il nostro divenire, pagina dopo pagina. Non per copiare, chissà: per superare riferimenti e maestri.

Viva la libertà, è il caso di dire. Sarà una delle conquiste a cui mireremo, tanto vale considerarla fin dall’inizio.


Continua il 20 gennaio

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.

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PAROLE GUIDA, trovate le vostre

Ispirazione, concentrazione, e poi metodo e meccanismi psicologici e di scrittura.  E intuizione, che è alla base forse di qualsiasi forma di vita. L’intuizione artistica è inoltre qualcosa di diverso, si muove nella fantasia, e fantasia, a parer mio, è un’altra parola guida.

E poi armonia e unità sono straordinarie. L’armonia della pagina, dei concetti, delle situazioni, delle descrizioni sorregge l’idea di unità. Ma, attenzione, ho detto a parer mio, perché ognuno troverà e si affezionerà a delle espressioni sue proprie che diventeranno davvero una guida originale. Io ho fatto un esempio personale, e tale resta. Il vero suggerimento è di valutare bene il peso delle parole che maturerete e che sentirete come guida. Ma come?

Pensate alla connessione che esse hanno con la vostra vita. Ciò che guida la scrittura guida anche la vita.

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.


continua il 30 dicembre

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IL CONTROLLO, per dare vita alla fantasia

Scriviamo una paginetta, oppure un romanzo di mille pagine, ma le parole non ci debbono sfuggire, non possiamo buttarle sulla pagina bianca senza criterio. La pagina bianca è sacra. È la partenza, e l’arrivo. Il rispetto, di ciò che è superiore a noi, e la comprensione delle parole, che è la guida e lo scopo dello scrivere, debbono essere un costante riferimento nella nostra mente. Scriviamo quello che vogliamo, ma tutto deve essere sotto controllo. L’amore muove i nostri passi, è l’impulso vitale, è una luce che ci guida, ma se non controlliamo tutto questo rimarremo nella banalità, nelle belle idee inespresse, o espresse fino a un certo punto. È questa la differenza, la sensibilità e la maturazione che ci portano su percorsi inesplorati.

Verso l’Infinito. E ciò che appare contraddizione, vita e morte, limiti e infinito, si manifesta per quello che è: un’unica realtà. Se non c’è controllo, la conoscenza sfuma, perde luce, l’amore non riconosce la propria natura, nega sé stesso. La nostra paginetta, o romanzo di mille pagine che sia, non ha la struttura adatta, né lo stile più propizio. Non incidiamo sull’animo del nostro lettore ideale, siamo acqua su marmo. E il nostro scrivere serve solo a coltivare illusione.

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.


Continua il 23 dicembre

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Già allora

percepivo il vuoto

delle vite

e amavo la scontrosità

di certe persone.

Già allora

alla linea del denaro

preferivo la curva dei campi.

E già alllora

quando mi dicevano nero

lo vedevo bianco.

Solo che

non c’era accomodamento

e tagliando

tagliavo di netto.

è strano

come un bambino

veda chiara la luce

e crescendo la ricerca

e ricercandola la perde.

Rock'n'roll rumble instrumental Link WRAY

di Abramo Vane

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IL METODO, è un suggerimento

Ricerca di stile, struttura e contenuto si intrecciano e procedono insieme.

Non ci sono capitoli a sé stanti. Oggi vediamo lo stile, domani la struttura, e poi la grammatica e così via. Studiamo il tale scrittore, e poi i generi e il trasformarsi della lingua. No. Tutto procede di pari passo. Si parte dalla pagina bianca e si sperimenta. Non ci sono prima la teoria e lo studio e poi la pratica e la scrittura. Cerchiamo il nostro stile, la struttura più idonea, la creazione dei personaggi, la descrizione degli ambienti eccetera, ci informiamo e ci aggiorniamo, studiamo e osserviamo, e allo stesso tempo coltiviamo l’umiltà, e il senso del distacco, e tutte quelle qualità che scopriremo in noi.

Oltre a tutto questo c’è sempre la comprensione e la pratica della riscrittura, senza la quale nessun metodo personale sta in piedi.

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.


Continua il 16 dicembre

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