Di Luigi Stefanazzi

Nelle luminose giornate somale la maestosa Palma, ai miei occhi di bambino, si stagliava gigantesca, mi affascinava, la guardavo da sotto e non ne vedevo la cima per l’imponenza della ramificata chioma.

Ci giocavo vicino e cercavo di abbracciarne invano il possente tronco. Sedevo sotto la sua ombra protettrice e, appoggiato al tronco leggevo, fantasticando sul magico volare di Peter Pan e sulle misteriose profondità marine, violate dal capitan Nemo. Ogni anno attendevo la stagione della nidificazione dei Tessitori che, a stormi si impossessavano del grande isolato albero e per ore osservavo maschi giallo vivo con la testa nera fare la spola fino all’Albero di Fuoco, nel mio giardino, per spogliarlo delle foglie paripennate e portarle sui rami della Palma.

Dopo mille baruffe per i posti migliori, prendevano forma, abilmente intrecciati, nidi tondeggianti aperti verso il basso, nei quali entravano femmine di color giallo smorto mentre incessante era il cinguettio, che aumentava dopo la schiusa e, che via vai per saziare i pulli. Che chiasso poi lo sbatter d’ali degli uccellini che, artigliati al nido, le rinforzavano per i primi voli.

Una mattina, come sempre avveniva, tutto era silenzio, i condomini della Palma erano volati via, restavano solo i nidi che si disfacevano al vento, mentre l’Albero di Fuoco prima di cacciare nuove foglie, fiero del suo contributo, festeggiava il buon esito della nuova covata con una fiammante fioritura, nella quale “mi era dolce il naufragar”, a cavalcioni sui rami più alti.

Nel giardino vi erano Pervinche del Madagascar, Plumerie, Melograni “dai bei vermigli fior” e una Thevetia che faceva da palcoscenico ad acrobatici colibrì che suggevano il nettare dei suoi fiori gialli. C’era poi un alto Ficus dalle grandi foglie sul quale, da adolescente mi arrampicavo fino alla cima, oltre il tetto di casa, per spaziare lo sguardo fin sul vicino villaggio di Tucul.

“Per fare l’albero ci vuole il seme”: era un giardino creato da mio padre in un ambiente semiarido ed il seme di quel giardino era stata la sua passione per gli alberi, questi poi divennero miei quotidiani compagni di gioco, educatori riguardo la sacralità della natura e dell’interdipendenza nell’ecosistema.

Luigi Stefanazzi è nato nel 1949 a Samarate, ove vive. Dall’età di 3 anni a 16 anni ha vissuto in Somalia. Tornato in Italia, dopo gli studi, ha lavorato in banca a Gallarate, Como e Varese. Pensionato, ama la lettura ed il giardinaggio.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) ALBERI NEL MONDO ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

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