di Paolo Crugnola

Fallita l’avanzata delle truppe ucraine, persiste la guerra fra Russia e Ucraina. Oscurato dal conflitto israelo-palestinese, quello in Ucraina sembrerebbe in una fase di stallo. In realtà si continua a combattere e a morire.

Al di là di una risoluzione sul campo, che al momento parrebbe possibile solo con una netta vittoria delle truppe dell’Armata Rossa e la resa incondizionata da parte dell’Ucraina, alcuni analisti, con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, intravedono un potenziale cambiamento di scenario in un’ipotetica vittoria di Donald Trump.

La situazione in Ucraina è complessa e sfaccettata, e ogni prospettiva di risoluzione richiede un’analisi equilibrata e multidimensionale. Di certo l’elezione di uno piuttosto dell’altro candidato alla presidenza negli Stati Uniti introdurrà dinamiche significative nella politica estera americana, e quindi possibili ripercussioni sulla crisi Russia-Ucraina.

Con una vittoria di Biden e dei democratici è difficile vedere un cambiamento radicale, mentre Donald Trump in questo scenario apparirebbe come “l’uomo della pace”, in grado di interrompere la sequenza di morti fra migliaia di giovani soldati russi e ucraini, e ancor più di civili.

 Il biondo presidente, secondo la visione di una stampa alternativa che naviga in prevalenza nel web, parrebbe in grado di promuovere un tavolo di trattative.

Durante il suo primo mandato, Donald Trump ha adottato un approccio alla politica estera notevolmente diverso dai suoi predecessori. La tendenza al dialogo diretto con leader come Vladimir Putin ha sollevato interrogativi, ma anche speranze di nuove vie diplomatiche. Alcuni ritengono che la sua propensione a evitare interventi militari diretti e a favorire accordi bilaterali potrebbe creare un contesto favorevole per rinnovati negoziati tra Russia e Ucraina.

Inoltre, l’approccio “America First” di Trump ha spesso portato a una riduzione degli impegni internazionali degli Stati Uniti, una politica che potrebbe, paradossalmente, ridurre le tensioni in alcune aree geopolitiche. Una minore pressione diretta da parte degli Stati Uniti potrebbe incoraggiare le parti in conflitto a cercare soluzioni regionali, magari con il coinvolgimento di altre potenze europee o internazionali. Da considerare però anche le criticità di tale prospettiva. Il periodo di presidenza di Trump non è stato privo di controversie, e le sue politiche hanno spesso polarizzato l’opinione pubblica internazionale. Inoltre, la dinamica del conflitto Russia-Ucraina è profondamente radicata in questioni storiche, etniche e territoriali, e non può essere ridotta unicamente a una questione di diplomazia internazionale.

Il mantra “Trump uguale a guerre zero” può davvero ritrovare conferma nei prossimi anni? La complessa posizione geopolitica è diversa, molto più intricata di quando il presidente dalla lunga cravatta alla moda era l’uomo più potente al mondo. L’ipotesi che una sua rielezione possa portare a una risoluzione del conflitto Russia-Ucraina è intrigante, ma è necessario affrontarla con cautela e un’attenta analisi. La diplomazia internazionale è un terreno complesso, dove le personalità dei leader possono influenzare gli eventi, ma non determinarli completamente. Al momento, per chi non vorrebbe più sentire notizie di guerra e di morte, è possibile sperare in un’ipotesi più realistica?

Paolo Crugnola. Amante e studioso di filosofia, unisce la teoria alla pratica nel lavoro manuale come artista del legno e batterista.

Selezione di articoli da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, GIORNALISMO ( Sezione dedicata a Pierfausto Vedani)


IL CAVEDIO associazione culturale e sportiva dilettantistica APS ———————————————– segreteria1997@ilcavedio.org

di Paolo Crugnola

Anno 24 del nuovo millennio.

L’emergenza guerra ha prontamente sostituito l’emergenza pandemica: i “no-vax” sono diventati “putiniani”, ultimamente persino “antisemiti”, a seconda del pensiero unico dominante a cui di volta in volta si oppongono. Non è più lecito farsi domande in questo presente occidentale, progredito e globalmente libero e democratico. Di fatto le minoranze che osano “pensare altrimenti” sono etichettate, accusate, ridicolizzate, infine addirittura emarginate, mentre paradossalmente ci riempiono la testa della parola “inclusione”.

Siamo ancora liberi di chiederci se per caso non ci mentano dai microfoni televisivi e dalle testate dei giornali più quotati, senza perciò essere chiamati “complottisti”?

Quando l’autoproclamato “nonno” Draghi ha sentenziato “Chi si vaccina vive, chi non si vaccina muore”, ha chiaramente mentito: io per esempio sono ancora vivo. Eppure abbiamo dimenticato tutto, strade deserte, ambulanze, morti, accuse, divieti, coprifuoco, militari, virologi, hub vaccinali, file per i tamponi, la “Dad… fino alla gente lasciata fuori dai bar, dai negozi e infine sospesa dal lavoro…  Siamo tornati a vivere quasi come prima, come se niente ci avesse travolti con quella portata, con quella violenza, creando precedenti pericolosi. Sipario chiuso su tre anni di pandemia per accendere i riflettori sulla guerra in Ucraina, con la stessa architettura: i media sbraitano la loro verità dagli schermi, e chi osa disallinearsi viene prontamente etichettato e “disinnescato”.

Ma non ci staranno mentendo anche questa volta?

Certo, la storia ci riporta di un’umanità eternamente in conflitto. “Polemos” è insito nella Natura stessa. Dunque è bellica la natura umana? “There is no alternative?” Ci dicono che i tentativi diplomatici falliscono, che Putin è improvvisamente diventato un pazzo invasore, e che dinanzi a tale follia l’unica soluzione è mandare armi in Ucraina, difendere gli invasi, i deboli, noi, i democratici, buoni e giusti. A noi popolo sovrano italiano, a noi democrazia, a noi hanno chiesto se siamo d’accordo ad inviare “armi per la pace”? Ci hanno chiesto se crediamo alla favola del pazzo russo, o se sospettiamo che ci siano motivazioni dietro al suo atto, che sia una reazione a qualcosa, pur condannando l’atto bellico in se stesso, di cui pagano sempre loro, i civili, i bambini?

È utopico pensare che mondi e culture differenti possano preservare la loro identità e diversità dialogando tra loro e mantenendo pacifici rapporti di scambio commerciale e culturale? Noi che la guerra non l’abbiamo vissuta, noi che siamo abituati a guardarla dallo schermo, per tornare subito alle nostre faccende… Impotenti assistiamo alle decisioni dei potenti, con i loro interessi ormai plateali. Cerchiamo di non pensarci troppo, perché sotto sotto sappiamo che mai come oggi l’uomo è stato in pericolo di estinzione. Che siamo comodamente seduti su una polveriera scegliendo il colore e la morbidezza del divano. Che noi uomini siamo diventati la minaccia numero uno per la nostra terra.

Chiediamoci se è stato necessario riempire il pianeta di armi atomiche, di rifiuti, di onde di tutti i tipi. Chiediamoci se non possiamo darci dei limiti, se possiamo ancora raccontarci di essere i buoni, i giusti, i civilizzati.

I potenti della terra, i filantropi salvatori dell’umanità – un po’ come Mazinga -, ci usano. Ma noi gli serviamo. Hanno bisogno del nostro consenso. Finché qualcuno ancora dirà NO, ci sarà speranza per l’umanità. Possiamo ancora dire NO?

Paolo Crugnola. Amante e studioso di filosofia, unisce la teoria alla pratica nel lavoro manuale come artista del legno e batterista.

Selezione di articoli da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, GIORNALISMO ( Sezione dedicata a Pierfausto Vedani)


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