Le nostre storie sono come l’acqua e il ghiaccio,
una si solidifica l’altra si scioglie.
Prendi le mie mani e infondimi coraggio
che tu possa per un po’ trattenerle.
Le isole nel Pacifico attendono le onde lievi
sotto conchiglie e stelle marine indugiano,
liberano l’ansia solo se le consideri brevi
come le storie che ci raccontano.
Rendere indietro il nome o darlo in pegno,
mille anni di ricordi e pensieri cupi
si allontanino e che sembrino un vago sogno,
non scappiamo, siamo noi i lupi.
L’ira che toglie il respiro,
un cristallo nel palmo della mano
che spezzi i raggi di sole e il mio lavoro
come un fulmine senza tuono.
Molti hanno detto: “ciao devo andare”
li ho osservati senza capire
eppure ero lì con i miei occhi a guardare
estraneo anche con il mio amore.
Salubre aria notturna raccoglie il mio profumo
che sa di vecchio e di rimpianto
sotto suole consumate ascolto il terreno
lo sento gemere perdersi nel pianto.
In quante notti incubi e viaggi onirici
hanno scavalcato la staccionata
e travolto i miei pensieri inutili
lasciando sotto di loro solo un’asse abbandonata.
Le lacrime scorrono e diventano ruscelli
sul versante della notte incerta
trascinando come piccoli fuscelli
a valle parole di carta.
Mi sono svegliato, ero sulla spiaggia
un antico bivacco dava tepore
raccolsi il necessario e lo misi in tasca: una conchiglia per ascoltare il mare.
Di Yoss Arian
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