Lo stile è ciò che definisce uno scrittore e gli permette di esprimere nel modo più efficace un’idea, e di comunicare. Uno stile debole comunica incertezza e superficialità. Pensavamo di avere una grande storia da raccontare e ci è mancato il modo. Quante buone e meravigliose idee non sono state espresse a dovere, o sono rimaste nelle intenzioni.

Abbiamo appreso la riscrittura e con essa intrapreso la ricerca di uno stile personale, abbiamo sperimentato e conosciuto il distacco, per quello che è, nella forza che dà al nostro lavoro. Siamo entrati nel significato dello scrivere, maturato un modo di procedere, una nuova visione della nostra arte, e con essa una nuova visione della vita, più ampia. Non siamo più quelli di prima, e la sensazione è che non sappiamo dove arriveremo.

Volevamo solo mettere a posto il nostro racconto e abbiamo mosso montagne, aperto spiragli. Lo stile riflette il carattere. È il nostro modo di essere, di affrontare i problemi. Ognuno ha il suo, di carattere, e ognuno cerca di migliorare, di controllare le situazioni, di essere equilibrato, di realizzare sogni e desideri. Ognuno a modo suo, perché ognuno è diverso. Volete studiare gli stili? Bene, ma non dimenticate chi siete.

Lo stile non è tecnica fredda, nasce per necessità da un’emozione incontenibile e vuole esprimerla. È importante, fondamentale, ma da solo non esiste, sarebbe un pezzo di ghiaccio. Ciò che conta davvero è l’esperienza, l’azione vissuta sulla pagina bianca che, con umiltà, tentiamo di rendere nobile. Lo stile è la luce che guida i nostri passi incerti, e dà loro sicurezza.

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.


Continua 11 novembre


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I giorni di un’agenda sembrano tutti uguali. Hanno un incedere lento e inesorabile. Nascono, vivono e passano. Un disegnatore e un narratore sono affascinati dalla circolarità che creano e vorrebbero raccontarne la storia, ma quando si avvicinano si accorgono che messi uno dopo l’altro i giorni non formano cerchi perfetti. Sono imprevedibili, diversi, in realtà non ce n’è uno uguale. A ben guardare, sono un po’ bislunghi. E ora tutto è più chiaro. Così è la vita e così è l’agenda del giocatore di rugby, fatta di appuntamenti e di partite, il Sei nazioni, il Tri Nations e il Mondiale ogni quattro anni, e ognuno ha la sua da annotare, lì accanto. E i giorni passano, lenti e inesorabili, e alla fine dell’anno sarà difficile gettare l’agenda.. Il piccolo giocatore ha sognato di diventare un campione e il campione di essere come quel piccolo, i valori restano, e questo è un pensiero bislungo. Ogni giocatore ha un suo ruolo e ogni ruolo ha il suo carattere, e questo è un altro pensiero bislungo. E poi ci sono le immagini, come quel cuore, scoperto, che corre per il campo, accanto a una palla ovale, e poi, dopo la doccia, il giocatore indossa la giacca e quel cuore ce l’ha ancora in mano. Alle spalle c’è un amico, e forse adesso l’amico chiede sostegno, e domani invece sarà lui a prendere, prima che cada, quella palla in mano. Ha la forma della vita, dei giorni imprevedibili, diversi l’uno dall’altro.

di Giangiacomo Furù, illustrazione di Renato Pegoraro

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)


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All’uomo che raccontava storie d’amore veniva facile trovarle, per lui era come andare in un laghetto e gettare la canna con l’amo, e quando gli chiedevano da dove prendeva tutta quella fantasia diceva che bastava guardare, non c’era niente di speciale, e il segreto semmai era quello di cogliere l’attimo, e quando una storia passava lì accanto annotarla su un foglio di carta, perché le storie d’amore, diceva l’uomo che le scriveva, sono come i sogni, svaniscono… e poi si rincorrono le une con le altre, e dicono tutte la stessa cosa, ma in modo diverso, per questo chi non le conosce sostiene che sono una banalità e chi invece è un appassionato non ne trova una simile a un’altra, ma un conto è leggerle e un altro è vederle quando corrono silenziose lì accanto, e l’unico modo per sapere come sono fatte, e quindi riconoscerle, è di averne vissuta una, e se qualcuno non ha vissuto una storia d’amore non le distingue, e così davanti all’indifferenza vanno via come barche su un fiume…
E ciò che l’uomo che raccontava storie d’amore consigliava era di osservare, prender nota, e scriverle subito, e questa, diceva, era l’unica sua abilità, ma c’era una storia che anche lui non aveva mai scritto, ed era quella più importante, forse l’unica che avrebbe davvero messo nero su bianco, ed era la sua… e pensare che per essa avrebbe dato qualunque cosa, proprio qualunque, perché un uomo che scrive è disposto per il suo lavoro davvero a tutto, e ancora non aveva capito se questo impedimento sarebbe durato per sempre o se era solo un tragitto di sofferenza per il quale tutte quelle storie servivano solo per maturare la sua, quell’unica che avrebbe voluto raccontare, e fra le due ipotesi propendeva però per la prima, perché l’essenza delle storie d’amore è il segreto, e lui non ne aveva mai conosciuto una sbandierata ai quattro venti, e per questo, forse, raccontava quelle degli altri e non la sua.

di Anna Bentivoglio, illustrazione di Daniela Di Benedetto

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)


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Un podcast a cura di Jacopo Bravo


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È l’alba, Lilly, una femmina di cuculo dal dorso cenerino, si sveglia con le piume intirizzite dal freddo. Attende che il sole la accarezzi con i suoi raggi dorati e socchiude gli occhietti pregustando il suo tepore. Niente. Alza lo sguardo al cielo: cumuli di nembi si spostano minacciosi da nord-ovest e si ammucchiano sopra di lei. Si sgranchisce le ali e le frulla per riscaldarsi.
Poi si dà la spinta con le zampette e spicca il volo dal ramo dell’ontano dove si era riparata e sparisce tra le fronde degli alberi vicini, alla ricerca di un nido e di una madre adottiva che si prenda cura dell’uovo che porta in grembo.
E attirata dal fruscio di un cespuglio di tasso. Con un movimento rapido si appoggia su un sambuco di fronte, e dà una sbirciatina.
Tra le foglie appuntite scorge una capinera dal capo color ruggine. Ha un rametto stretto nel becco e allestisce un morbido giaciglio: è talmente concentrata che non si accorge di essere osservata.
Lilly ne valuta la costruzione, e considera che non sarà completata in poco tempo. Così riparte con un salto leggero.
Lascia il bosco e va verso le sponde di un fiume. In lontananza scorge un forapaglie intrufolarsi tra le fitte canne.
Si avvicina quanto basta per scoprire il nido. L’uccellino però non vola subito al suo nascondiglio, si mette invece su un bambù e controlla che nessuno lo veda.
Lilly conosce questa tecnica, e rimane a debita distanza, ma nell’istante in cui il forapaglie apre le ali diretto alla sua tana, il suo sguardo viene abbagliato dal riverbero del sole sull’acqua. Le nubi sono sparite, proprio adesso!
Quando rimette a fuoco, il volatile è scomparso.
Beh, almeno ora si può scaldare, e si concede un istante per recuperare le forze.
Ancora una volta l’occasione è sfumata, ma non si perde d’animo. Ne troverà un’altra.

di Olga Riva Rovaglio, illustrazione di Silvia Gabardi

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)


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Era la mia vicina di banco, era una ragazza uccello, e la sua bellezza per la mia giovane anima fu un vortice fin dal primo giorno di scuola, io cercavo esperienze, e invece davanti a lei ammutolivo, ero confuso … E quella ragazza uccello l’avevo già vista una volta, l’estate prima, al fiume, c’era un gruppo di giovinette e con loro tre o quattro suore di un istituto, passeggiavano con i piedi nell’acqua, i sandali nelle mani, allineate nei loro colori azzurro e bianco, e in quell’insieme di corpi, dall’altra parte del fiume, io vedevo il suo petto risplendere al sole, e lei si staccò dalle compagne, e procedeva da sola, più indietro, aveva le gonne rimboccate ai fianchi e si chinava a raccogliere sassetti nell’acqua, li afferrava con le labbra a forma di becco e li lanciava in alto per giocare, scuoteva il lungo collo e dai capelli si staccavano gocce d’acqua tutto attorno, e camminava con passo lento, le sue gambe erano magre, e poi affrettò il passo, prese a correre e raggiunse le compagne, le sorpassò e tutte si misero a rincorrerla, e gridavano di gioia, lei volava radendo l’acqua e dietro uno sciame uniforme, e anche le suore correvano con le ragazze, e scomparvero alla vista, laggiù all’ansa del fiume… E quel primo giorno di scuola, nella confusione degli studenti, la riconobbi da dietro, dalle ali raccolte sotto la giacca e l’immagine di quella volta al fiume era fissa nella mia mente, quell’immagine era un sogno che non si dimentica… e ogni giorno lasciavo i libri a casa e così avevo una scusa per avvicinarmi al suo banco e seguire la lezione, mi sedevo lì accanto e non facevo che tremare, tutti i ragazzi erano innamorati di lei, e un giorno mi decisi, da tanto tempo preparavo le parole, e la toccai con una mano sulla spalla, era un giorno di pioggia, aveva le piume ancora umide, si voltò verso di me e mi guardò con i suoi occhi che erano gli occhi di un uccello, ebbi paura, le sorrisi appena e lei avvicinò il suo viso al mio e mi diede un bacio su un sopracciglio, e il sangue mi gocciolò nell’occhio, alla sera nello specchio guardavo quel segno, e quella cicatrice l’avrei portata per tutta la vita…e la mattina dopo mi alzai e sentivo di essere speciale, ero unico, e non temevo più la bellezza della ragazza uccello, ma il suo banco era vuoto, e tutta la settimana rimase così, nessuno sapeva niente, e allora andai dritto in presidenza, anche lì non avevano notizie, ma sul registro, accanto al suo nome, qualcuno aveva scritto che era volata via.

di Abramo Vane, illustrazione di Renato Pegoraro

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)


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LA FORMAZIONE non esiste senza riscrittura

Prima dobbiamo creare dentro di noi un lettore attento e distaccato, una specie di chirurgo, freddo ed esperto, che con i suoi interventi non farà altro che il proprio lavoro, con professionalità, ammirato da tutti.

Il lavoro di riscrittura all’inizio è un vincolo difficile e fastidioso. Richiede concentrazione e l’acquisizione di qualità assopite, della cui forza e indispensabilità non avevamo coscienza. Sembrerà scoraggiante per noi che ci credevamo scrittori arrivati, ma quando l’apprenderemo e metteremo in pratica avremo aperto la porta più importante per il nostro percorso di formazione.

Da questo momento, e solo da ora, scriveremo sul serio. Ricordatevi che nessun grande scrittore ha evitato questo passaggio. Il neofita dice buona la prima. Tale lui resterà, un principiante, molto spesso presuntuoso. E non confondete la riscrittura con le correzioni o l’editing. Queste lasciatele agli amici caritatevoli e all’editore, se ne trovate uno capace che non vi venda fumo per arrosto.

La riscrittura è l’uovo di Colombo. Una volta scoperta l’uovo starà in piedi.

Abramo Vane, giornalista e scrittore, insegna alla Scuola di Scittura delle Edizioni IL CAVEDIO. Ha pubblicato libri di narrativa, d’arte, di poesia.


Continua il 4 novembre


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Sei e mezza di mattina, tutti a bordo e si parte. Il primo Frecciarossa schizza da Termini verso Centrale come un proiettile. E’ presto, ma a bordo la vita è già frenetica. Cellulari che squillano, appuntamenti da confermare, manager da rassicurare, ultime versioni delle presentazioni in powerpoint da inviare. E il carrello del caffè, come perderlo? La velocità mi circonda, tutto si muove troppo rapidamente, treno incluso. Ai tempi dell’Università si viaggiava di notte, salivo a Roma Tiburtina prima di cena e alle sei del mattino ero a Milano. Ora quei treni sono stati cancellati, per dare spazio a questi siluri da 300 km all’ora. Niente più notti in cuccetta, incontri casuali con una umanità varia per condividere poche ore, e lo spazio di una chiacchierata.
Cerco di immergermi nella trama del libro, ma è impossibile. I passeggeri di questa carrozza devono essere i predestinati alla soluzione dei problemi del Paese. Meetings rinviati, budget sottodimensionato, tagli allo staff, cambio di management. Chissà perché quando ci sono crisi da affrontare si passa subito all’inglese.
Decido di dedicarmi alla bellissima campagna romana, anche se la velocità non mi consente altro che guardare pennellate di giallo, invece di casolari di campagna. Schizzi di verde, e non pini. Mi chiedo se sia viaggiare, questo. O piuttosto spostarsi tra due punti, senza godere di ciò che si attraversa, senza soffermarsi. Una soluzione anticipata del raggio trasportatore di Star Trek. Poi, tutto si ferma.
Immobili in mezzo al nulla, un paesaggio attonito ci fissa come extraterrestri. Tutti si bloccano con lo smartphone a mezz’aria, con espressioni tra il sorpreso e l’incazzato come per dire ma io ho da fare, non posso mica fare tardi, e il management meeting, e il CEO non può aspettare… A venti metri da questo missile spiaggiato, un pastore e le sue pecore mi guardano. Lui avrà la mia età, e tiene un sigaro spento tra le labbra. Appoggiato al bastone mi fissa e accenna un saluto con la testa. E ridacchia, mentre parla al suo cane. Ride di un modo di vivere a lui incomprensibile, immagino. I suoi piedi lo portano in giro da decenni senza tentennamenti, per sentieri dove si confronta con la natura e le sue espressioni.
E c’è il tempo giusto per camminare, per accompagnare le pecore, per mungerle, senza fretta. La giornata è scandita da momenti che non puoi accelerare. Ogni cosa merita spazio, e rispetto. Ecco, questo è il suo viaggio. E quanto siamo lontani, anche se vicinissimi. Lui viaggia nella natura rispettando le sue regole, e noi oggetti sconosciuti voliamo basso, con l’illusione di far girare il mondo.
Il treno ha uno scossone, si riparte. Il pastore volge lo sguardo verso di me, si leva il cappello e
mi saluta, con la sua smorfia divertita.
E io mi sentirò più solo.

di Gianluca Fiore

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UNA VOLTA C’ERA UNA VECCHIA…*

Una storia inventata nasce da un innesco. C’è sempre una frase, un fatto ascoltato dal quale partire. L’immaginazione di chi scrive comprende la memoria, la sensibilità, la capacità di vedere il mondo: gli incontri, le esperienze, le letture vengono rielaborati e maturano nello scrittore. Dobbiamo avere lo sguardo che fissa le cose, partire da una situazione e trasformarla in varie scene, ma bisogna riconoscerne la vivacità, la possibilità che diverti, interessi e, nel caso del giallo, inquieti o spaventi il lettore, che crei suspense.

Esercizio suggerito da Stephen King: pensare a qualche situazione a partire dalla domanda E se? Esempio da Dolores Claiborne, un suo romanzo: e se una donna che ha commesso un omicidio e l’ha fatta franca fosse sospettata di uno che non ha commesso?

Non è obbligatorio che siano situazioni strane, sta poi allo scrittore complicarle o renderle misteriose. Spesso i momenti “piccoli”, quotidiani o idee secondarie, fugaci suggeriscono sviluppi inimmaginabili.

Il periodo di ideazione non si può affrettare. Come dice Murakami, “la scrittura è un atto lento”. Quando la storia esplode poi serve una certa disciplina, pur nel sacro fuoco dell’ispirazione. Il contenuto, gettato sulla pagina, non basta. Definire la struttura del racconto è essenziale. E’ utile avere subito un’idea dell’impianto generale anche se, soprattutto nei racconti lunghi o nei romanzi, la storia prende in corso d’opera sentieri imprevisti. Dobbiamo inoltre pensare a quello che sarà il momento decisivo della nostra narrazione, l’apice emotivo, che sia la scena del delitto piuttosto che la soluzione dell’enigma. Senza accorgerci stiamo già parlando di trama, che è in realtà una selezione di eventi non generici, significativi. Vanno scelte le scene giuste che diano indizi sui personaggi o sul significato della narrazione. La costruzione della trama non è solo un atto tecnico ma dobbiamo inserire a questo livello già le emozioni, la spinta espressiva, perché si renda il senso drammatico del racconto.

* Ellery Queen 1950

Angela Borghi, medico, ha lavorato in ospedale e ora si dedica alle sue passioni, soprattutto scrivere. Ha partecipato ad antologie di racconti e pubblicato quattro romanzi gialli: Delitto al Sacro monte, I misteri del convento di Casbeno, Che domenica bestiale e La ragazza con il vestito azzurro.


continua il 16 novembre 2023


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